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RC DEL PROPRIETARIO

Cane alla catena morde: danno non patrimoniale

Cane alla catena morde: danno non patrimoniale
Riconosciuta la lesione all'integrità psico-fisica. Anche se l'animale era legato.
Il Tribunale di Bassano del Grappa (sentenza n.126/2013) ha affermato la responsabilità civile del proprietario di un cane, per l'aggressione subita dal suo ospite durante un visita. L'ospite, riportava "significative lesioni, con conseguenti pregiudizi alla salute tanto di carattere permanente, quanto temporaneo".

L'animale, infatti, pur essendo legato ad una catena, aveva un'ampia possibilità di movimento, al punto da potersi spingere fino alla panchina sulla quale era seduta la vittima dell'aggressione. Il Tribunale di Bassano del Grappa ha accolto il ricorso di una donna aggredita nel giardino di casa di un amico dal suo cane che, grazie a una lunga catena, era riuscito a morderla a un polpaccio.

Venendo, quindi, alla determinazione delle lesioni subite da OM., il CTU ha accertato un danno permanente biologico complessivo e un danno biologico temporaneo. Riconosciuto anche il danno non patrimoniale per lesione permanente all'integrità psicofisica, data l'età avanzata della vittima. Rimborsate anche le spese mediche.

Per la quantificazione del risarcimento, il Tribunale si è attenuto alle Tabelle del Tribunale di Milano, le quali tengono conto delle importanti indicazioni, in tema di risarcimento del danno patrimoniale e non, fornite dalle Sezioni unite della Suprema Corte con le sentenze dell'11 novembre 2008 (nn. 26792, 26793, 26794 e 26795).

La massima - La responsabilità di cui all'art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell'animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell'intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenti i caratteri della imprevedibilità, della inevitabilità e della assoluta eccezionalità; ne consegue che all'attore compete solo di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, deve provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell'animale.