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EQUO COMPENSO

Confprofessioni: l'Antitrust si è fermata al secolo scorso

Confprofessioni: l'Antitrust si è fermata al secolo scorso
"Una remunerazione adeguata non significa reintrodurre i minimi tariffari, ma correggere le distorsioni del mercato dei servizi professionali".


«La posizione dell'Antitrust contro l'equo compenso per i liberi professionisti conferma ancora una volta come l'Autorità garante sia rimasta ferma al secolo scorso. Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza».

E' il commento del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, contro la segnalazione dell'Autorità Garante della Concorrenza che boccia la norma sull'equo compenso per liberi professionisti e lavoratori autonomi contenuta nel Dl fiscale, in discussione alla Commissione Bilancio alla Camera.

«Contrariamente a quanto sostiene l'Agcm, l'equo compenso non fissa dei minimi inderogabili, ma interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti forti, quali banche, assicurazioni e P.A», afferma Stella. «Nessuna restrizione alla libera concorrenza, quindi, semmai uno strumento necessario per correggere quelle distorsioni nel mercato dei servizi professionali che autorizzano, per esempio, le amministrazioni locali a pubblicare bandi che pretendono un compenso simbolico, un euro, per prestazioni complesse e onerose».

«Molto discutibile anche la tesi dell'Agcm secondo cui l'introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani», incalza Stella. «Dati alla mano, dieci anni di deregulation selvaggia hanno colpito proprio le fasce professionali più giovani, i cui redditi medi si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro annui. Se guardiamo in faccia la realtà il processo di liberalizzazione delle professioni, sbandierato come una conquista dal Garante, ha di fatto creato nuove forme di “precariato” tra i giovani professionisti, calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro»- conclude Stella.