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RAPPORTO ISPRA

Cinghiali, serve un database nazionale in tempo reale

Cinghiali, serve un database nazionale in tempo reale
Secondo l'ISPRA, le strategie di gestione dei cinghiali richiedono dati in tempo reale consultabili in un database nazionale. Un "elemento chiave" che oggi manca.

Gli ultimi dati disponibili sulla popolazione di cinghiali in Italia si fermano al 2021 e mettono soprattutto in luce alcune carenze strategiche di ordine statitistico e demografico. Le evidenzia l'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nell'indagine nazionale presentata nei giorni scorsi a Confagricoltura. I dati sono aggiornati al 2021 e stimano la presenza "minima" in Italia di un milione e mezzo di cinghiali.

Dati frammentati-
  Si tratta della prima indagine di dettaglio a scala nazionale che l'Istituto ha potuto realizzare raccogliendo le informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette e comunicate ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura. "Un enorme sforzo di armonizzazione delle informazioni"- afferma l'Istituto che ha lavorato su oltre 700 documenti.
Per la ricostruzione di un quadro nazionale sono stati "determinanti" i PIUR i Piani regionali di interventi urgenti elaborati nel 2022 in risposta alla Peste Suina Africana.

Cosa serve- Le conclusioni dell'Istituto sono che alla strategia di gestione del cinghiale manca un "elemento chiave": la creazione di "un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale, che integri anche le informazioni relative agli interventi di prevenzione e agli incidenti stradali, e renda possibile monitorare l’andamento della gestione in
tempo reale".
Nel suo comunicato stampa, l'Ispra ritiene anche  "urgente" l'adozione di "una strategia di intervento nazionale disegnata sulla base delle più aggiornate conoscenze scientifiche, che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l’obiettivo prioritario di riduzione dei danni".

Costante aumento di tutti gli indicatori- Il quadro di sintesi che emerge dall’indagine di ISPRA descrive un generalizzato aumento degli indicatori (prelievi in caccia, prelievi in controllo danni).
Nel periodo 2015-21 il prelievo di cinghiale è aumentato del 45% e in media sono stati abbattuti circa 300.000 cinghiali all’anno (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di controllo faunistico).

Abbattimenti per caccia e controllo faunistico- Nei sette anni considerati, l’86% degli abbattimenti di cinghiale (circa 1,8 milioni di animali) è avvenuto in attività di caccia ordinaria e il restante 14% (circa 295.000 animali) in attività di controllo faunistico. L’abbattimento in caccia è stato realizzato per il 94% in territorio pubblico e solo il 6% in riserve di caccia private. La tecnica di caccia più utilizzata in Italia rimane la braccata con cani da seguita (88% degli animali prelevati), seguono il tiro selettivo da appostamento (9%), la girata (2%) e la caccia vagante (1%).

Danni per 120mln all'anno- Nello stesso periodo, i danni all’agricoltura hanno sfiorato i 120 milioni di euro di danni per un totale di oltre 105.000 eventi di danno.
Complessivamente il 36% degli importi (circa 30 milioni di €) per danni da cinghiale è riferito alle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 89 milioni di €) ad aree non protette.
Le regioni più colpite dai danni da cinghiale sono Abruzzo e Piemonte (rispettivamente, 18 e 17 milioni di euro). Altre tre regioni hanno fatto registrare oltre 10 milioni di € di danni: Toscana, Campania e Lazio.