Manca il decreto ministeriale sui livelli di residui di Thc negli alimenti. E nel frattempo, sono in corso dei campionamenti di prodotti da parte del Nas. Alcuni prodotti a base di canapa (cannabis sativa) sono già reperibili in alcuni esercizi commerciali, ma Federfarma invita alla massima cautela. Con una circolare alle Associazioni provinciali e alle Unioni regionali, Federfarma ha risposto alle richieste di chiarimento giunte dal territorio.
In primo luogo, la nota precisa che la legge 2 dicembre 2016, n. 242 “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agro-industriale della canapa” consente la coltivazione senza preventiva autorizzazione per diversi usi, tra i quali la realizzazione di alimenti e cosmetici. In secondo luogo, Federfarma puntualizza che le norme dettate da questa legge non si applicano alle varietà di canapa soggette al Testo Unico degli stupefacenti (Dpr 309/90).
Due gli articoli chiave della Legge 242/2016: l’art. 4, che fissa i limiti massimi di Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo) nelle coltivazioni che, se superiori allo 0,6%, possono comportare il sequestro o la distruzione delle coltivazioni stesse; l’art. 5, che rinvia a un decreto del ministero della Salute, da emanare entro sei mesi, la definizione dei livelli massimi di residui di Thc ammessi negli alimenti.
Tuttavia, sottolinea Federfarma, “il previsto decreto ministeriale non è stato ancora emanato, con i conseguenti margini di incertezza per un compiuto inquadramento della fattispecie. Risulta peraltro che, nel frattempo, sono in corso campionamenti di tali prodotti da parte dei Nas”.