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SOSTENIBILITA

La filiera delle carni: poco spreco, molta sicurezza

La filiera delle carni: poco spreco, molta sicurezza
Negli ultimi anni il consumo di carne è divenuto oggetto di molte attenzioni e di dibattito, legati soprattutto a ragioni nutrizionali e ambientali.

Il consumo reale di carne degli italiani è in linea con il modello nutrizionale della dieta mediterranea e garantisce il giusto equilibrio fra nutrizione, tutela ambientale e sostenibilità economica. E' quanto emerge dalla "Clessidra Ambientale" e dal Rapporto sulle carni presentato a Parma durante il Meat Day. Si tratta del più ampio rapporto sulla sostenibilità delle filiere della carne in Italia, con il quale i produttori di carne vogliono far conoscere il loro punto di vista. Il Rapporto, curato da Assocarni e Zoetis, offre una sintesi  delle conoscenze e dei più recenti orientamenti tecnico scientifici circa la sostenibilità delle carni sotto diverse chiavi di analisi: nutrizionale, ambientale, economica e sociale.

Nuovo approccio al Carbon footprint
- Fino ad oggi si è valutato il carbon footprint della filiera delle carni in termini assoluti (emissioni di CO2 per kg di carne). Ora, il rapporto vuole proporre un nuovo approccio, che valuta l'impatto di un alimento sulla base delle quantità realmente consumate nell'ambito di una dieta corretta ed equilibrata: ciò porta a risultati nuovi e tutt'altro che scontati, che aprono a differenti considerazioni e prospettive."La Clessidra Ambientale moltiplica l'impatto ambientale degli alimenti per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali INRAN (oggi CRA-NUT) più recenti e disponibili, che prendono a modello la dieta mediterranea, e mostra come mangiare carne nelle giuste quantità non comporti un aumento significativo dell'impatto ambientale", ha dichiarato Massimo Marino (Life Cycle Engineering)
Questo concetto è espresso in maniera chiara e intuitiva dalla Clessidra Ambientale, dove si può notare come in un modello alimentare corretto il carbon footprint delle proteine sia pari a 7,5 kg di CO2 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi, che arriva a 6,7 kg CO2 eq.

I consumi in Italia e l'impatto sulla salute-
Dalle ricerche condotte sui consumi reali di carne nel nostro Paese, è emerso come gli italiani ne mangino mediamente circa 85 g al giorno - dato in linea con le indicazioni INRAN (oggi CRA-NUT) più recenti e disponibili - e come, nel medio periodo, si sia registrato un trend in leggero calo. Entrando nel merito della discussione sui possibili effetti negativi sulla salute derivanti dal consumo di carne, il rapporto evidenzia come l'aumento di alcune patologie croniche quali, ad esempio, diabete, sovrappeso, obesità ed ipertensione, sia da ricercare in stili di vita, sedentarietà e cibi ipercalorici (ricchi di zuccheri e grassi), il cui consumo è cresciuto in controtendenza alla diminuzione di quello della carne. Anche per quanto riguarda la correlazione fra il consumo di carne e l'insorgere di certe patologie tumorali, è stato fatto notare che gli studi condotti dal World Cancer Research Fund e dal The Institute of Cancer Research – primari Istituti di ricerca internazionali - hanno evidenziato che la relazione fra il consumo di carne e tali patologie non è dimostrabile per le quantità suggerite da una dieta equilibrata, cioè 100-120 g al giorno.

In allevamento, tasso di spreco dello 0,14%
- Il rapporto affronta anche il tema dello spreco alimentare legato al settore delle carni, evidenziando come la filiera della carne sia una delle più virtuose dell'agroalimentare italiano "Un'analisi puntuale dello spreco sociale nel settore delle carni deve tenere conto delle perdite che avvengono lungo tutti i passaggi, dalle operazioni agricole e/o industriali, alla distribuzione, fino al consumo." – afferma Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC) – "Il settore delle carni è quello meno soggetto al fenomeno dello spreco sia dal lato del consumo, per il valore economico, culturale e sociale percepito per questi alimenti da parte dei consumatori, che da quello della produzione, per la struttura e l'organizzazione virtuose della filiera.
Per quanto riguarda ad esempio il settore primario, l'allevamento ha un tasso di spreco dello 0,14%, rispetto allo 0,31% del cerealicolo ed al 4,67% dell'ortofrutticolo." Una filiera virtuosa anche dal punto di vista della qualità e sicurezza, garantite per legge dai numerosi controlli e dagli autocontrolli messi in atto dalle autorità e dalle stesse organizzazioni coinvolte nella catena produttiva.

L'impatto economico-
Il settore delle carni in Italia genera un valore economico dell'ordine di 30 miliardi di euro all'anno, rispetto ai circa 180 dell'intero settore alimentare e ai 1.500 del PIL nazionale. Mentre le tre filiere principali avicola, bovina e suina si ripartiscono in modo pressoché equivalente il valore economico complessivo, le differenze si trovano nel numero di addetti in Italia: 80.000 ca per le carni bovine, 44.000 ca per le carni suine e i salumi e 55.000 per le carni avicole per un totale di circa 180.000 addetti sul territorio nazionale.

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pdfLA__SOSTENIBILITA_DELLE_CARNI__IN_ITALIA_COMUNICATO_STAMPA.pdf384.76 KB