Lo sfruttamento cinegetico del lupo non può essere applicato regionalmente in mancanza di informazioni sufficienti, oggettive, scientifiche e aggiornate sulla situazione del lupo.
Il lupo non può essere designato come "specie cacciabile a livello regionale" quando il suo stato di conservazione a livello nazionale è insoddisfacente. Così la Corte di Giustizia Europea nella
sentenza nel dirimere un caso sollevato in Spagna, in particolare in alcuni territori castigliani (Comunità autonoma di Castiglia e León) lungo il fiume Duero. La decisione del Giudice europeo è stata adottata a fine luglio e pubblicata con una
nota stampa.
In Spagna, conformemente alla Direttiva Habitat, le popolazioni di lupi iberici sono soggette a regimi di tutela distinti: quelle situate a sud del fiume Duero beneficiano della "rigorosa tutela" prevista dalla direttiva «habitat» (articolo 12, paragrafo 1)
. Invece, le popolazioni a nord di tale fiume sono state qualificate "specie animale di interesse comunitario che può formare oggetto di misure di gestione", fra cui appunto la caccia. Nel 2019 il governo regionale castigliano ha così approvato un piano faunistico venatorio territoriale che consentiva di cacciare 339 lupi per le stagioni 2019-2022. L’Associazione per la conservazione e lo studio del lupo iberico (Ascel) ha proposto ricorso contro il piano e il contenzioso è arrivato in sede UE, dopo avere ottenuto soddisfazione dalla Corte Costituzionale di Spagna.
Divieto applicabile anche se il lupo non è sotto "rigorosa tutela"- Per la Corte, il divieto di designazione come "specie cacciabile" può valere anche nel caso in cui l'animale, nella regione interessata, non benefici della "rigorosa tutela" prevista dalla direttiva «habitat». La ragione è che le misure di gestione, come la caccia (o "sfruttamento cinegetico"), devono comunque essere finalizzate al mantenimento o al ripristino delle specie, anche se si trovano in uno stato di conservazione soddisfacente. Non è il caso in questione.
Deroga non supportata da documentazione idonea- Infatti, la Corte ha in primo luogo rilevato che il Regno di Spagna - pur schierato nella causa con la Comunità autonoma- nel 2021 aveva incluso tutta la popolazione spagnola di lupi, compresa quella di Castilla e León a nord del fiume Duero, nell’elenco nazionale delle specie selvatiche in regime di "rigorosa tutela", quindi in uno stato di conservazione insoddisfacente. In secondo luogo, una eventuale riclassificazione con deroga allo sfruttamento cinegetico a Nord del Duero non era stata supportata da informazioni "sufficienti, oggettive, scientifiche e aggiornate sulla situazione del lupo".
La massima è nelle conclusioni della Corte. Premesso che la caccia è sempre una forma di deroga a un divieto generale, l’articolo 14 della direttiva «habitat» deve essere interpretato nel senso che esso "
osta" a una normativa che designi il lupo come una specie cacciabile in una parte del territorio nazionale, anche se non rientra nella rigorosa tutela, quando
lo stato di conservazione della specie è qualificato a livello nazionale come «insoddisfacente-inadeguato»". La Corte conclude che la relazione richiesta agli Stati Membri ogni sei anni dalla direttiva habitat sullo stato di conservazione della specie deve risultare più accurata di quella disponibile nella causa in sentenza. Non un mero censimento, ma una analisi della sorveglianza condotta sulla specie. La valutazione sullo stato di conservazione del lupo "
deve basarsi su tutti i più recenti dati scientifici, compresi quelli ottenuti grazie alla sorveglianza prevista all’articolo 11 della medesima direttiva, nonché del principio di precauzione sancito dall’articolo 191, paragrafo 2, TFUE".
Spetta al giudice nazionale spagnolo se, appurata la violazione della Direttiva Habitat dalla Comunità autonoma, l'Associazione per la conservazione del lupo iberico possa ottenere la condanna al versamento di un importo stimato in circa 9mila euro per ogni lupo abbattuto.