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CORTE COSTITUZIONALE

Prelievo venatorio, bocciata la legge lombarda

Prelievo venatorio,  bocciata la legge lombarda
La Corte Costituzionale: deroghe regionali entro i limiti costituzionali e della conservazione degli uccelli selvatici.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 26 settembre 2011, n. 16 (Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi"). A sollevare la questione di legittimità costituzionale era stato il Presidente del Consiglio dei ministri. La legge censurata, che consta di due soli articoli ed un allegato, precludeva l'esercizio da parte del Presidente del Consiglio dei ministri del potere di annullamento.

Sebbene competa alle Regioni provvedere in materia di autorizzazione alla approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, l'avvocatura di Stato ha fatto presente che tale competenza deve essere esercitata nel rispetto del livello minimo di tutela fissato dalla legislazione statale, nell'ambito del quale è compresa anche la disciplina che prevede il potere di annullamento. L' autorizzazione alla cattura dei richiami vivi sarebbe stata, concessa dalla Regione in assenza dei presupposti e delle condizioni fissate dall'art. 9 della direttiva CE 30 novembre 2009, n. 147 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), vale a dire in mancanza del requisito della «piccola quantità», "consentendo la legge regionale n. 16 del 2011 la cattura di un numero di capi esorbitante rispetto a tale concetto".

La normativa censurata, oltre ad essere stata emanata in assenza del parere favorevole dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), non rispetterebbe il vincolo comunitario, che, riguardo alle deroghe ai divieti venatori, richiede l'indicazione nella motivazione del provvedimento che le concede, della sussistenza di tutte le condizioni che le legittimano. Per la Corte, "l'affermazione regionale, secondo la quale «gli allevamenti presenti sul territorio regionale non sono in grado di soddisfare le richieste di richiami da parte dei cacciatori», sicché «l'unica soluzione perseguibile, per quanto da accompagnarsi con la riproduzione in cattività, pare essere quella della cattura di esemplari viventi», non chiarisce perché una campagna di allevamento in cattività, tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il necessario fabbisogno di richiami vivi".

La Suprema Corte ha giudicato fondata la questione sollevata dalla Presidenza del Consiglio.