Palladio e Ammoniaca. La crisi ucraina potrebbe colpire gli approvvigionamenti delle materie prime impiegate per la produzione di farmaci.
Al "caro trasporti" e al "caro energia" rischia di sommarsi un "caro materie prime" che potrebbe intaccare il settore dei medicinali. Le conseguenze dell'attacco della Russia all'Ucraina rischiano di sommarsi alle difficoltà generate dalla pandemia Covid-19 al settore farmaceutico, soprattutto nella catena di approvvigionamento. Le principali difficoltà che vanno ad aggiungersi riguardano i trasporti, sui quali pesa il costo dei carburanti.
Lo scenario è stato affrontato a fine marzo a New York, nel corso della 'Dcat Week' promossa dalla Drug, Chemical & Associated Technologies Association-Dcat, uno dei principali eventi internazionali annuali dedicati agli attori della produzione biofarmaceutica. Nell'analisi riferita da Michele Gavino (Fis) per Adnkronos Salute, dalla Dcat Week emerge che le prospettive sono sotto controllo ma da monitorare.
"Facciamo un uso abbastanza intensivo del palladio, un prodotto che in larga parte viene dall'Ucraina e dalla Russia, anche se per ora ne abbiamo una buona riserva che ci dovrebbe coprire per tutto l'anno. Siamo invece un po' più attenti all'ammoniaca, un'altra materia prima che arriva soprattutto da questi Paesi. Alternative per approvvigionarsi ce ne sono anche a livello europeo, però a prezzi differenti", puntualizza il manager.
L'Industria dei farmaci europea e nazionale si è servita in Russa e in Ucraina per approvvigionamenti di principi attivi. Da circa un decennio, molte Big Pharma europee e americane hanno costruito impianti in Russia in seguito ad un programma specifico avviato nel Paese nel Paese "e quasi tutte le Fabbriche che stanno ancora lavorando regolarmente".
In uno scenario di sanzioni o di razionamento come quella evocato dal Premier Mario Draghi "dovremo essere pronti a reagire per essere in grado, qualora necessario, di dedicarci alle produzioni più importanti tralasciando quelle che lo sono meno"- dichiara Gavino. Uno scenario di ultima istanza, ma che si traduce con la necessità di "dare priorità ai principi attivi salvavita piuttosto che ad altri che non lo sono", con una "ripercussione sul tipo di principi attivi che si potranno garantire ai clienti". Per una società come la Fis - radici a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza, ma rami lunghi a raggiungere "oltre 70 Paesi nel mondo, sia con prodotti custom per società farmaceutiche, sia con prodotti generici o del settore veterinario - l'evento della Grande Mela è "un'occasione preziosa per spiegare alle industrie che operano dall'altra parte dell'Oceano la situazione che stiamo vivendo". Un aumento dei costi che inevitabilmente alza il prezzo al cliente e "non certo per fare speculazione", tiene a precisare l'Ad.
Per Gavino è "fondamentale poter condividere tutte queste problematiche con gli stakeholder, per individuare delle possibili soluzioni da mettere in atto". L'auspicio è che "gli enti regolatori continuino ad agire nella consapevolezza di quanto queste variabili condizionino l'operatività e la redditività delle aziende che operano sul mercato".