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ANABOLIZZANTI

Il risultato istologico non ha valore di legge, “ma è un deterrente”

Il risultato istologico non ha valore di legge, “ma è un deterrente”
Elena Bozzetta, responsabile del nuovo Centro di referenza sugli anabolizzanti, aggiorna sulla messa a punto di nuovi metodi.
Il Ministero della Salute ha da poco istituito un nuovo Centro di referenza nazionale, dedicato alle indagini biologiche sugli anabolizzanti animali. Tra i compiti principali del Centro, c'è quello di mettere a punto nuovi metodi di analisi e di diagnosi di sostanze illecite nelle carni bovine.

In una intervista rilasciata al Il Fatto Alimentare, Elena Bozzetta, dichiara: «Stiamo parlando di tre categorie principali di ormoni: i cortisonici, gli steroidi sessuali e i tireostatici, che agiscono in modo specifico su diversi organi bersaglio, cioè rispettivamente il timo, le ghiandole sessuali secondarie, come la prostata e le ghiandole bulbo-uretrali nel bovino maschio, e la tiroide. Nel nostro laboratorio abbiamo raffinato e standardizzato un metodo istologico per analizzare questi organi». Si tratta di prelevare campioni di organi al macello, allestire dei preparati da osservare al microscopio e verificare se nei tessuti ci sono alterazioni indicative di un trattamento collegabile ad un certa categoria di sostanze. «Il metodo – continua Bozzetta – non permette di identificare la singola molecola illecita coinvolta, ma evidenzia l'esistenza di un trattamento».

La responsabile del Centro aggiunge che "per una lunga e consolidata tradizione, gli esami ufficiali che si eseguono oggi per individuare residui di anabolizzanti sono di tipo chimico", ma questi metodi "hanno due limiti, sono molto costosi e funzionano solo dopo un breve intervallo di tempo da quando è stata somministrata all'animale la sostanza vietata. Se sono trascorsi un paio di giorni dal trattamento, le analisi non sono più in grado di identificare l'illecito».

Grazie all'uso di strumentazioni sofisticate, si riesce a individuare nel sangue o nelle urine di animali vivi la presenza di sostanze illecite e a caratterizzarle con precisione. In pratica, si dà un nome e cognome alla molecola che non dovrebbe esserci.

Oltre ai costi ridotti rispetto alle analisi chimiche, il grande vantaggio è la possibilità di individuare illeciti anche a distanza di tempo, addirittura a 2/3 mesi dalla somministrazione. Questo aspetto fa crescere inevitabilmente il numero di positività. «Se a livello europeo la media di casi positivi riscontrati con le analisi chimiche è dello 0,2% (ogni 1000 campioni analizzati, 2 risultano trattati con sostanze vietate), i monitoraggi eseguiti in Italia con metodo istologico fanno salire questo dato al 15%».

Al momento il risultato ottenuto con metodo istologico non ha valore ufficiale e legale. «È chiaro però che funziona da deterrente» afferma Bozzetta. «Da un lato, offre indicazioni in più per indirizzare i test chimici ufficiali e dall'altro lancia il segnale che qualcosa sta cambiando nel panorama dei controlli». A fianco di una normativa che è ancora di un certo tipo, sta crescendo il consenso della comunità scientifica internazionale verso i nuovi metodi alternativi. Secondo Bozzetta serviranno almeno 5/6 anni perché questo cambiamento culturale porti a una modifica della normativa. (fonte: ilfattoalimentare.it)