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RABBIA IN VENETO, I NODI VENGONO AL PETTINE

RABBIA IN VENETO, I NODI VENGONO AL PETTINE
Scelte strategiche ed economiche inadeguate. Proprietari attirati da vaccinazioni a tariffe vantaggiose, mentre mancano le strutture e le risorse umane. La veterinaria pubblica è in affanno e lamenta carenza di personale. Squilibri tariffari e raduni vaccinali di fortuna confermano che si è persa l'occasione di aggregare il pubblico e il privato. L'Ordine dei Veterinari di Padova: era necessaria una task force. Dall'avvio delle campagne di vaccinazione per la prevenzione della rabbia nel Nord Est, le scelte strategiche ed economiche deliberate dalle Amministrazioni territoriali si rivelano ogni giorno sempre più critiche. Si palesano sempre di più le conseguenze di una comunicazione ai cittadini orientata a indirizzare i proprietari verso il servizio pubblico piuttosto che a quello privato: si vaccina in raduni di fortuna, nelle piazze, nei garage o in stabili dismessi, in mancanza di sufficienti risorse umane.

I dipendenti pubblici sono in affanno. Lamentano carenze di organico e intanto i casi identificati dall'IZSVE, al 15 gennaio, erano 94 con una prevalenza nel Veneto (49 casi) rispetto al Friuli Venezia Giulia (45 casi) che per primo è stato colpito dalla malattia.

Giovedì scorso, l'Ordine dei Veterinari di Padova ha inviato per conoscenza alla Regione Veneto una comunicazione agli iscritti, nella quale il Presidente Lamberto Barzon riferisce gli esiti della riunione consiliare del 23 dicembre scorso.

Barzon ribadisce che l'epidemia di rabbia silvestre "richiedeva la partecipazione dei liberi professionisti nella campagna vaccinale insieme ai dipendenti pubblici". Il successo della campagna, scrive il Presidente dell'Ordine di Padova, " dipendeva sicuramente dalla tariffa che non doveva differire così fortemente tra prestazione pubblica e privata. Questo avrebbe garantito una scelta da parte del cittadino proprietario dell'animale, non in funzione del prezzo, ma della disponibilità di strutture veterinarie anche private presenti sul territorio e in questo avrebbe conseguentemente portato ad un gran numero di cani (e di gatti) vaccinati in breve tempo".

La nota ricorda che l'Ordine di Padova non ha approvato le tariffe proposte dalla Regione Veneto, ma ha consigliato agli iscritti di attenersi allo Studio indicativo in materia di compensi professionali elaborato dalla FNOVI, e di applicare - in caso di obbligo vaccinale a carico dei proprietari di cani - una "tariffa garantita" di 30 euro comprensiva di IVA e ENPAV, "in virtù di una sensibilità che la professione desidera mostrare nei confronti dell'emergenza in atto".

Le scelte politiche regionali sono andate in una direzione diversa: l'indicazione di due tariffe così differenti tra la prestazione rispettivamente erogata dal servizio pubblico e dai veterinari privati ha messo questi ultimi "nelle condizioni di non aderire numerosi all'applicazione delle tariffe calmierate deliberate (a causa dell'individuazione di compensi non ristoratori dei costi sostenuti) e nel contempo hanno messo in difficoltà il servizio veterinario pubblico non opportunamente attrezzato ( carenza di personale) a dare risposte adeguate e urgenti a questa nuova epidemia.

In ultima analisi, l'Ordine dei veterinari di Padova ritiene che "il provvedimento regionale non risponda alla necessità di mettere in campo una task force veterinaria all'altezza dell'emergenza sanitaria in atto. Questo sarebbe stato possibile attivando una reale sinergia tra veterinaria pubblica e privata e individuando un'unità dì coordinamento maggiormente rappresentativa che, servendosi delle più moderne ed efficaci conoscenze relative alla modalità di gestione del rischio zoonotico e zoonosico (profilassi vaccinale e controllo attraverso il monitoraggio clinico e di laboratorio delle volpi, dei cani e delle specie sensibili alla rabbia, trasmissione e condivisione dei dati raccolti per via telematica, comunicazione più efficace ai cittadini, ecc.), avrebbe potuto sfruttare appieno, con fini di sanità pubblica, anche le numerose strutture veterinarie private distribuite sul territorio".