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CORTE COSTITUZIONALE

Sicurezza alimentare, estinto il contenzioso con la Val D'Aosta

Sicurezza alimentare, estinto il contenzioso con la Val D'Aosta
La Regione autonoma Valle d'Aosta ha modificato le disposizioni impugnate dallo Stato consentendo di superare le ragioni del ricorso.


E' stata depositata il 14 luglio la sentenza della Corte Costituzione che dichiara estinto il contenzioso insorto fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Valle d'Aosta, sulla Legge regionale di bilancio 2016-2018. Oggetto della diatriba costituzionale erano alcune norme regionali in materia di sicurezza alimentare non conformi alle tutele costituzionali e nemmeno alle disposizione del diritto europeo.

Trasformazione del latte nell'abitazione - Censurata la norma regionale che - nel periodo precedente l'ascesa agli alpeggi e nel periodo successivo alla demonticazione dagli alpeggi e in presenza di limitate quantita' di latte- permetteva la trasformazione del latte crudo (proveniente dagli animali dell'azienda per la produzione di formaggi a maturazione superiore a sessanta giorni, da destinare alla vendita diretta al consumatore finale e in ambito locale) "in un'area all'interno della struttura abitativa, anche non delimitata fisicamente".

Per l'Avvocatura di Stato, la previsione contrasta con i regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004, in base ai quali "i locali destinati alla preparazione, lavorazione o trasformazione di prodotti alimentari in generale, e nello specifico del latte crudo, «devono avere specifici requisiti che non sono compatibili con la destinazione di uno spazio all'interno dell'abitazione».

Rischio sanitario senza visita ante mortem- Altra disposizione regionale impugnata riguardava la possibilità di macellazione a domicilio delle specie suine, ovi-caprine, ad eccezione degli animali da sottoporre a test per encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE), e delle specie bovine di eta' inferiore a dodici mesi, purche' appartenenti ad aziende in possesso di qualifica sanitaria di ufficialmente indenne per TBC, BRC e LBE, previa autorizzazione sanitaria  e comunque entro il limite massimo annuale per nucleo familiare di 1 bovino, 2 suini grassi, 2 pecore o capre, 5 agnelli o capretti. In assenza di sintomi sospetti di malattie infettive e di malattie trasmissibili all'uomo, "la visita ante mortem puo' non avere luogo". 

Per l'Avvocatura di Stato, prevedere la possibilita' di ammettere al consumo carni di animali non sottoposti a visita ante mortem da parte del veterinario - introdurrebbe elementi di rischio sanitario, contrastando sia con l'art. 32 Cost. che con l'art. 5, paragrafo 1, del regolamento n. 854/2004, secondo il quale l'ispezione ante mortem da parte del veterinario costituirebbe un accertamento imprescindibile per tutelare la salute del consumatore.

Bollatura ufficiale di carni destinate al consumo privato- Per la Regione,  le carni ottenute dalle macellazioni domiciliari "possono essere destinate esclusivamente al consumo nell'ambito familiare, previa visita post mortem favorevole, esame negativo per la ricerca delle trichine nei suini e apposizione di bollatura sanitaria specifica da parte del veterinario ufficiale", e non possono essere commercializzate ne' somministrate al pubblico. La Giunta regionale avrebbe stabilito la tariffa da richiedere all'utenza per la prestazione della visita sanitaria».

Obiezione dell'Avvocatura: tale disposizione, nel prevedere che il veterinario ufficiale proceda ad apporre la bollatura sanitaria per carni ottenute dalle macellazioni domiciliari destinate al consumo privato, è in contrasto con il regolamento CE n. 854 del 2004, che consente lo svolgimento dell'attivita' del veterinario ufficiale solo nei luoghi ivi indicati e cioe' «nei macelli che commercializzano carni fresche, nei centri di lavorazione della selvaggina e nei laboratori di sezionamento».  Inoltre, la norma in questione contrasta con il medesimo regolamento, che nel disciplinare la bollatura sanitaria per le carni destinate alla commercializzazione, prevede - tra l'altro - che la bollatura sia preceduta da ispezione ante mortem e post mortem.

Trasporto di sottoprodotti senza autorizzazioni- La legge regionale disponeva che i "residui di macellazione, i cadaveri e le carcasse degli animali, nonche' i materiali da essi derivanti, non idonei al consumo umano  provenienti direttamente dall'azienda agricola", potessero essere trasportati dall'imprenditore agricolo sui mezzi di trasporto appartenenti all'azienda, senza ulteriori oneri autorizzativi, al piu' vicino impianto autorizzato ai sensi del regolamento (CE) n. 1069/2009, "a condizione che il trasporto avvenga in modo tale da evitare la fuoriuscita e la dispersione di liquidi organici dal mezzo di trasporto stesso».

Secondo l'Avvocatura di Stato, tale disposizione- limitandosi a stabilire che il trasporto debba avvenire in modo tale da evitare la fuoriuscita di liquidi organici e senza individuare il tipo di materiale che deve essere utilizzato per il trasporto- consente il trasporto con mezzi agricoli di cadaveri, carcasse di animali, residui di macellazione e altri materiali da essa derivanti «senza ulteriori oneri autorizzativi» violando l'accordo stipulato il 7 febbraio 2013 in Conferenza Unificata, che sottopone l'azienda all'obbligo della comunicazione dei veicoli e dei contenitori utilizzati.
Violato anche, secondo l'Avvocatura di Stato, il  regolamento (UE) n. 142/2011 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano, e della direttiva 97/78/CE  per quanto riguarda taluni campioni e articoli non sottoposti a controlli veterinari alla frontiera»: infatti, i "sottoprodotti di origine animale e i prodotti derivati sono raccolti e trasportati in imballaggi sigillati nuovi oppure in contenitori o veicoli coperti a tenuta stagna»: precauzione che il legislatore regionale non avrebbe previsto, con conseguente violazione costituzionale.

Con la Legge di stabilita' regionale per il triennio 2017/2019) "Modificazioni di leggi regionali", la Valle d'Aosta ha modificato le norme impugnate, determinando la rinuncia al ricorso da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La Corte Costituzionale ne prende atto con dispositivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 luglio.