Il 14 maggio la terza sessione penale della Cassazione ha annullato la condanna "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato".
Un imprenditore, nella sua duplice veste di legale rappresentante e responsabile del controllo qualità della società, vendeva mangime contenente soia geneticamente modificata in quantità superiore a quella consentita e non dichiarata in etichetta. Il Giudice lo condannava per il reato di cui all'articolo 22, comma 1 (messa in vendita o in commercio o preparazione per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, mangimi non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni) della legge 281/1963 (Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi).
La Cassazione ha accolto il ricorso dell'imputato, deducendo "erronea applicazione del decreto ministeriale 20 aprile 1978 che disciplina i criteri di campionamento ed analisi". Il Giudice non ha tenuto conto che l'imputato aveva fatto affidamento sugli esiti positivi dei controlli effettuati periodicamente. Inoltre, la fattispecie di reato (art.22, comma 1, Legge 281/1963) è stata depenalizzata, "stabilendo che la condotta ivi prevista è punita con sanzione amministrativa pecuniaria" (ammenda da € 1.549 a € 15.493). (fonte: cassazione.net)
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