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CASSAZIONE

Randagio sbrana Volpino. Asl paga il danno morale

Randagio sbrana Volpino. Asl paga il danno morale
La Cassazione conferma la sentenza di condanna del giudice del Tribunale di Monopoli: la ASL deve risarcire per danno morale il proprietario di un cane volpino sbranato dai randagi.


La responsabilità, secondo la Cassazione, non è del Comune. "Non si può negare – è scritto nella sentenza- che vi sia stata la lesione del diritto di proprietà conseguente alla morte del volpino aggredito dai randagi".

La massima
- Per l'aggressione mortale ai danni di un cane appartenente a un privato cittadino compiuta da una muta di cani vaganti deve affermarsi la responsabilità risarcitoria dell'Azienda sanitaria locale quale ente localmente deputato al controllo del fenomeno del randagismo. Deve nondimeno affermarsi la risarcibilità di un pregiudizio di natura non patrimoniale, risultando eventualmente contrario al canone di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione) un sistema risarcitorio (articoli 2043 e 2059 Cc) che consenta il ristoro del danno patrimoniale in favore del proprietario per la perdita del valore commerciale del cane, di cui nessuno dubita qualora venga provato, e la non risarcibilità del danno non patrimoniale, conseguenza della perdita della maggiore utilità di quel bene, dovendosi ritenere indubitabile che il danno maggiore che patisce il proprietario di un cane con il quale v'è un rapporto affettivo consolidato non è certo quello legato alla perdita del valore commerciale dell'animale, o alle spese veterinarie eventualmente sostenute, bensì quello relativo alla perdita di godimento in termini affettivi.

La perdita del cane- Nel caso in esame- scrive la Suprema Corte- "la perdita del bene-cane, anche volendo prescindere dalle modalità particolarmente cruente dell'aggressione (più cani randagi che aggrediscono un piccolo volpino) non essendo tale profilo strettamente connesso alla titolarità del cane, ha senza dubbio provocato un danno morale in termini di sofferenza psichica, poiché la XX è stata privata di un animale con il quale aveva, come dedotto in citazione, un rapporto di affetto che durava fin dalla nascita dell'animale, cioè da circa quattro anni. Un tale danno non può definirsi trascurabile o futile poiché è invece significativo e non immaginario avendo causato una sofferenza acuta nella proprietaria. Qui non si tratta di risarcire un disagio, un fastidio, un'ansia o ogni altro tipo d'insoddisfazione che riguarda la vita quotidiana, ma una sofferenza interiore transeunte, diretta conseguenza di un fatto illecito che ha reciso un rapporto consolidato tra proprietario e bene dal quale il primo riceveva un'evidente utilità".

Risarcimento - L'Azienda Sanitaria è stata condannata al risarcimento del danno morale, per la somma di euro 500,00 (a cui vanno aggiunti euro 198,46 per spese veterinarie non oggetto di contestazione in appello).