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USA-UE

Ormoni e BSE, regole 'protezionistiche' non di sicurezza alimentare

Ormoni e BSE, regole 'protezionistiche' non di sicurezza alimentare
Abbattere i divieti riguardanti gli ormoni, il mais-ogm, le misure anti-BSE e le indicazioni protette del made in Italy: sono barriere commerciali senza base scientifica.


L'analisi è contenuta nel rapporto annuale «National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers 2018 » a cura dell'ufficio per il commercio estero degli Stati Uniti. Il documento detta le condizioni dell'Amministrazione Trump all'Unione Europea in cambio dell'esenzione definitiva dalle tariffe su acciaio e alluminio in scadenza il 1° maggio. Una sintesi del corposo rapporto - che contiene una ricognizione mondiale delle condizioni veterinarie di import-export di maggior rilievo per il commercio estero americano- è stata curata dal Sole 24 Ore. Le restrizioni che gli Stati Uniti chiedono di abbattere, in particolare a Bruxelles,  sono di natura "non tariffaria".

Sicurezza alimentare UE e standard USA- Le misure che la Ue adotta «apparentemente a tutela della sicurezza alimentare, della vita e della salute di persone, animali o piante», rappresentano «inutili restrizioni al commercio» e non hanno nulla a che fare con questioni di sicurezza perché «non basate su principi scientifici, non sostenute da prove scientifiche sufficienti, o non applicate esclusivamente nella misura necessaria». A cosa si riferisce il rapporto Usa? Ai divieti Ue su mais e soia Ogm, su carni prodotte da animali allevati con ormoni della crescita e farmaci beta-bloccanti, sulle carni trattate con disinfettanti per abbatterne la carica batterica accumulata nella macellazione, sul latte con elevate concentrazioni di cellule somatiche, indice di possibili patologie, e per finire al bando su carne, pesce e ogni derivato prodotto da animali clonati.
Anche il divieto di importare bovini che non superano le misure di salvaguardia dal rischio Bse è considerata una misura protezionistica. Il rapporto ha una semplice soluzione per liberalizzare gli scambi: l’Europa dovrebbe riconoscere gli standard adottati dagli Stati Uniti, che per esempio considerano la clonazione un «vantaggio» per gli allevamenti.
Sulla carne agli ormoni, la Ue ha perso il ricorso Usa alla Wto e subisce dazi compensativi del 100% su alcuni prodotti. Nel 2017, la Commissione ha autorizzato, su base volontaria, 11 mangimi Ogm. Ma gli Stati membri, lamenta Washington, sono restii.

Il marchio Ce - Per gli Usa è una barriera all’accesso al mercato europeo che impone alle aziende americane costi ingiustificati, anche quando i loro prodotti già «rispettano standard internazionali». Una pratica, si legge nel rapporto, che sarebbe in contrasto con le regole di quella Wto che gli Stati Uniti puntano a smantellare, anche attraverso il boicottaggio del suo sistema di soluzione delle dispute commerciali.

La provenienza in etichetta- Qui gli Usa mettono nel mirino proprio l’Italia, in prima linea nell’uso «competitivo», in senso distorsivo del mercato, delle etichette sulla provenienza di prodotti e ingredienti alimentari. Iniziativa promossa negli ultimi due anni insieme a Francia, Finlandia, Grecia, Lituania, Portogallo, Romania e Spagna, con l’obiettivo di specificare il Paese di nascita, allevamento e macellazione degli animali, il Paese di mungitura del latte, di packaging e lavorazione dei prodotti caseari, il Paese di coltivazione e lavorazione del grano. Informazioni necessarie a permettere ai consumatori la scelta consapevole di quello che mangiano, secondo i Paesi europei. Procedure onerose e discriminanti per i produttori americani, lamentano gli Stati Uniti.

Indicazioni geografiche tipiche - Su Igp, Dop e Sgt (specialità tradizionali garantite), la battaglia tra Usa e Ue è dura da anni. Secondo il regolamento Ue 1151/2012, la protezione di queste produzioni non ha solo valenza economica: «Sono parte integrante del patrimonio culturale e gastronomico vivo» dell’Europa. L’Italia ne ha 295, sono le sue eccellenze agroalimentari. Per gli Stati Uniti si tratta di violazioni degli standard internazionali che impongono oneri inutili ai produttori, come indicare il posto in cui il bestiame viene allevato, e confondono i consumatori.

2018 National Trade Estimate Report on Foreign trade Barriers








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