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SENTENZA

Corte Ue: valido l’obbligo di identificazione elettronica per gli ovi-caprini

Corte Ue: valido l’obbligo di identificazione elettronica per gli ovi-caprini
Gli obblighi per gli allevatori di identificare e tenere un registro d'azienda sono giustificati dall'interesse sanitario generale.
La Corte di Giustizia Europea ha così chiuso la causa aperta dalla Germania, sentenziando a favore dell'identificazione elettronica degli ovi-caprini.

Benché tali obblighi possano limitare l'esercizio della libertà d'impresa, per la Corte sono tuttavia giustificati da obiettivi legittimi di interesse generale. Nel suo comunicato istituzionale la Curia elenca "segnatamente la tutela sanitaria, la lotta contro le epizoozie e il benessere degli animali, nonché la realizzazione del mercato interno di tali animali". Infatti, agevolando la tracciabilità di ciascun animale e permettendo quindi alle autorità competenti, in caso di epizoozia, di adottare i provvedimenti necessari ad impedire la propagazione di malattie contagiose fra gli ovini e i caprini, tali obblighi sono adeguati e necessari al fine di conseguire i suddetti obiettivi.

Riguardo agli oneri economici che ad essi conseguono per gli allevatori, la Corte richiama vari elementi che occorre considerare:
(i) i costi possono essere meno elevati rispetto ai costi di strumenti non selettivi, quali il divieto di esportazioni o l'abbattimento preventivo di bestiame in caso di comparsa di una malattia,
(ii) il nuovo sistema prevede diverse deroghe,
(iii) l'obbligo di identificazione elettronica è stato introdotto solo in modo progressivo e
(iv) gli allevatori hanno la possibilità di ottenere un aiuto finanziario a copertura parziale dei costi aggiuntivi legati all'introduzione del sistema.

Quanto al benessere degli animali, la Corte osserva che il fatto che debbano essere applicati sugli animali due mezzi di identificazione, anziché uno solo, e che i nuovi mezzi di identificazione provochino statisticamente maggiori lesioni e complicazioni rispetto ai dispositivi tradizionali, non sono tali da dimostrare che la valutazione del legislatore dell'Unione in merito ai vantaggi dell'introduzione dell'obbligo di identificazione elettronica degli ovini e dei caprini fosse errata. La Corte rileva inoltre che il nuovo sistema contribuisce in modo attivo a proteggere il benessere degli animali, in quanto facilita la lotta contro le epizoozie e permette così di evitare di dover abbattere animali infetti.

Il nuovo sistema rispetta anche il principio della parità di trattamento. Infatti, la deroga che autorizza gli Stati membri aventi un patrimonio ovino o caprino ridotto 3 a rendere facoltativo il sistema di identificazione elettronica non discrimina gli allevatori stabiliti in uno Stato membro dove tale identificazione è obbligatoria. La Corte rileva, in particolare, che le soglie previste sono ragionevoli e proporzionate ai fini previsti dal nuovo sistema e che detta deroga si applica soltanto agli animali non destinati agli scambi intracomunitari.

Infine, tale sistema non è neppure tale da discriminare gli allevatori di ovini e di caprini rispetto agli allevatori di bovini e di suini, i quali non sono soggetti ai medesimi obblighi. Infatti, nonostante talune similitudini, sussistono, fra questi diversi tipi di mammiferi, differenze tali da giustificare un quadro normativo specifico per ciascuna specie. In considerazione del contesto della crisi dell'afta epizootica del 2001, il legislatore dell'Unione poteva legittimamente introdurre una normativa specifica che prevedeva l'identificazione elettronica degli ovini e dei caprini, particolarmente interessati da tale crisi. Tuttavia, la Corte rileva che, benché il legislatore potesse legittimamente basarsi su un approccio progressivo per l'introduzione dell'identificazione elettronica, esso è tenuto, in considerazione degli obiettivi del regolamento censurato, a valutare la necessità di procedere al riesame delle misure istituite, in particolare per quanto riguarda il carattere facoltativo oppure obbligatorio dell'identificazione elettronica.

La sentenza conclude che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione o alla validità di un atto dell'Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale