Una legge per riordinare le norme veterinarie. Ma si discute sull'equilibrio fra Asl e ambulatori. Intervento dell'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani su Repubblica Salute. Il Ddl Amati-Bianconi ha ottimi intenti e finalità, ma è sbilanciato a favore delle Asl.
L'intenzione è buona. Riordinare in una legge quadro tutto quanto è stato legiferato in materia di animali da compagnia negli ultimi venti anni e più. "A cominciare dalla Convenzione di Strasburgo per la protezione degli animali da compagnia (1987) che l'Italia non ha ratificato ancora, all'anagrafe canina, alla pet therapy, all'istituzione di consultori comportamentali, ai corsi nelle scuole per educare al rispetto degli animali, fino alla creazione del 118 veterinario e, infine, ai combattimenti e al traffico clandestino, alla piaga del randagismo e dell'abbandono", dice la senatrice Silvana Amati (PD) al recente Convegno "Nuove norme per la tutela degli animali da affezione".(audiovideo del convegno, prima parte) ( audiovideo del convegno, seconda parte).
In questo contesto s'inserisce la proposta di legge bipartisan: Misure per l'istituzione del Servizio sanitario convenzionato e norme a favore di cani e gatti.
"L'intenzione è migliorare la qualità di vita degli animali da affezione, entrati ormai nella quotidianità di milioni di persone, e offrire un sostegno ai proprietari meno abbienti", spiega Silvana Amati. All'articolo 2 comma 3 il Ddl 2008 Amati-Bianconi stabilisce che all'erogazione della prestazione veterinaria convenzionata, quindi gratuita, provvedono le Aziende sanitarie locali (Asl) competenti per territorio che, in base alle loro strutture, ai mezzi e al personale, sono in grado di erogare il servizio. E nel caso in cui il ministero della Salute verifichi l'inadeguatezza delle Asl la Regione ricorrerà a convenzioni con veterinari pubblici e privati.
Testo sbilanciato
Le principali Associazioni di categoria concordano sulla legge quadro e sul principio ispiratore del Ddl Amati-Bianconi. Disaccordo pieno invece sulle modalità della convenzione. L'Associazione nazionale dei medici veterinari (Anmvi) parla di "sbilanciamento del testo a favore dei Servizi veterinari delle Asl", e sempre l'Anmvi non riconosce il diritto di libera professione intramuraria dei dirigenti veterinari sugli animali di proprietà (è in corso una causa al Tribunale di Milano contro l'intramoenia selvaggia in Lombardia). "Il Ddl di fatto snatura quella che è la missione dei Servizi veterinari delle Asl, ovvero il controllo della salute pubblica, tanto che questi veterinari si occupano per definizione e per contratto della "filiera alimentare" e delle zoonosi (vedi mucca pazza, aviaria, brucellosi, etc...)", a parlare è Daniela Boltrini, medico veterinario a Viterbo e rappresentante Anmvi. "Oltre alla mancanza di competenze c'è il problema organizzativo, infatti le strutture dei Servizi veterinari non sono attrezzate per accogliere animali da compagnia". In linea anche i rappresentanti veterinari dell'Istituto superiore di sanità.
Insomma una medicina veterinaria di base convenzionata che assicuri l'assistenza minima, i cosiddetti LeaVet, agli animali dei proprietari con pensioni minime o reddito sotto i 15 mila euro, è necessaria, ribadiscono le diverse voci della veterinaria, ma la vorrebbero realizzata attraverso una rete di strutture private autorizzate.
Fasce di reddito
Le Asl avrebbero una funzione di controllo e regolatrice delle prestazioni, le strutture private convenzionate sarebbero le erogatrici. I fondi? Ci sarebbero, tanto per cominciare quelli che la finanziaria elargisce in base alla legge 281/91, alle casse delle Regioni e che i Comuni spesso lasciano inutilizzati. ( Repubblica Salute, 12 marzo 2009).