• Utenti 11
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 31280

VETERINARIA, ISTAT: AVANTI C’E’ POSTO

Immagine
L’Istat ha diffuso il 9 maggio scorso l’indagine I laureati e il mercato del lavoro, una analisi sull’inserimento professionale dei laureati riferita al 2004. L’analisi è rivolta esclusivamente ai laureati ( 1.340 nel campione consultato) nei tradizionali corsi lunghi di 4-6 anni e non prende in considerazione le lauree brevi per le quali non sono ancora disponibili dati comparativi su più anni. Principale obiettivo del sistema di indagini è effettuare un’analisi della resa dei diversi titoli di studio sul mercato del lavoro. Secondo l’istat “le lauree più frequentemente richieste dal mercato delle occupazioni sono quelle riconducibili alle discipline mediche e farmaceutiche (Odontoiatria, Farmacia, Medicina e chirurgia, Biotecnologie farmaceutiche,Medicina veterinaria) e al settore dell’ingegneria. All’opposto incontrano difficoltà maggiori i laureati in Discipline dell'arte, della musica e dello spettacolo e Musicologia, Scienze motorie, Lingue e letterature straniere, Filosofia, Scienze politiche e Materie letterarie". Malgrado l’ISTAT dichiari che “le indagini sulla transizione istruzione-lavoro sono fortemente coerenti” , i numeri dell’indagine dimostrano l’esatto contrario: dopo tre anni dalla laurea in medicina veterinaria solo il 59,1% dichiara di svolgere un lavoro continuativo. Inoltre, coloro che dichiarano di avere una occupazione sono soltanto il 74,2%. Se si considera che molte di queste “occupazioni” sono del tutto occasionali o finalizzate ad acquisire esperienza professionale sul campo e spesso non sono retribuite, la situazione occupazionale resta drammatica. Come drammatico non può non risultare il dato che a tre anni dalla laurea in veterinaria, 1 laureato su 4 dichiara di non svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Ben diverso è il quadro delle facoltà che davvero garantiscono un’occupazione: ad esempio ingegneria offre un lavoro dopo tre anni dalla laurea al 90,8% dei laureati; gli ingegneri con lavoro continuativo sono l’81,6%.