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ANAGRAFE AVICOLA, 250 GLI ALLEVAMENTI

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Solo 250 su migliaia di allevamenti esistenti in Italia. Sono le aziende registrate nell' «anagrafe avicola», la banca-dati istituita dal ministero della Salute per catalogare polli, tacchini, galline, quaglie, faraone, e altre specie prodotte sul territorio. E' una delle misure per affrontare l' emergenza aviaria, varata nell' agosto 2005, ma per il momento stenta a decollare. «I dati sono scarsi» ammettono all' Istituto zooprofilattico di Teramo, incaricato di gestirla. Ma sulla carenza non ci sono spiegazioni ufficiali. «Il software è pronto dal 23 novembre. Noi ci limitiamo a ricevere le informazioni, non a procacciarle» fanno sapere dall' istituto che è anche componente dell' Unità di crisi recentemente creata per far fronte all' eventuale insorgenza di focolai. Più loquacità all' Istituto delle tre Venezie, referente nazionale per la diagnosi dell' influenza aviaria: «L' anagrafe è importante per stilare i piani di monitoraggio - sottolinea la veterinaria Lebana Bonfanti -, finora, però, per elaborare i documenti da mandare all' Unione europea, abbiamo lavorato sulle stime delle Regioni. Andremo avanti così fino a quando sarà completata la banca-dati nazionale». Secondo quelle stime sarebbero circa 7.500 gli allevamenti in Italia (con più di 500 esemplari), dati non ufficiali sui quali l' istituto formulerà il prossimo piano di monitoraggio da presentare alla Ue. Più certezza sui numeri a livello regionale. «In Veneto siamo all' avanguardia: abbiamo un' anagrafe con la possibilità di conoscere il punto esatto dove si trovano le aziende». Sono oltre duemila gli allevamenti veneti (industriali), che insieme a quelli lombardi (1.500), raggiungono i 95 milioni di capi (il 65% a livello nazionale). A loro si unisce l' Emilia Romagna, con una banca dati assai tecnologica. Ma tanta avanguardia non spiega perché i computer di Teramo siano a corto di informazioni. Per la dottoressa Bonfanti, il ritardo è naturale: «Le Regioni dovranno verificare i dati e adattare le voci alle richieste dall' istituto abruzzese. I tempi, però, stringono. Se dovesse scoppiare un' emergenza, avere una mappa delle aziende servirà a pianificare gli interventi. Per esempio, le vaccinazioni. Se non sappiamo dove e quanti sono gli allevamenti, compreso il numero di esemplari, come faremo a ordinare i vaccini? I dati Istat non sono attendibili». Ottimista Mauro Delogu, esperto di influenza aviaria: «Si potrà fare affidamento sui numeri regionali, almeno in Veneto, Emilia e Lombardia; ma avere la visione dell' insieme è importante. Questa è una carenza da colmare». Nessun problema per Mario Astuti, capo dei servizi veterinari della Lombardia: «Non so a che punto sia l' anagrafe di Teramo, ma per noi si tratta solo di trasferire i dati: qui la popolazione avicola è già registrata nei computer». Nessun mistero né ritardi per gli allevamenti rurali, quelli destinati all' «autoconsumo». L' ordinanza di Storace non prevede che finiscano nella banca dati nazionale, ma il ministro ha ricordato di aver scritto una lettera ai Comuni per il loro censimento. Oggi la loro esistenza è affidata alle Asl, alle quali i commercianti, via fax, hanno l' obbligo di denunciare le vendite e la destinazione del pollame. Quanti sono? Migliaia. E tanto basti. (Grazia Maria Mottola - Corriere della Sera, 16/01/2006)