Gli italiani preoccupati per un possibile contagio dell'influenza aviaria sono passati dal 74% di ottobre al 31,5% di meta' dicembre. E' il dato principale di una ricerca condotta dall'Istituto Piepoli, che segnala una prima ripresa dei consumi grazie al Natale. Secondo la ricerca, condotta con il 'metodo continuativo' su un campione di 500 persone dal 19 settembre al 12 dicembre scorsi, la quota piu' elevata di italiani preoccupati per il possibile passaggio all'uomo del virus H5n1 si e' registrata tra il 10 e il 24 ottobre, quando i media nazionali e internazionali hanno ripetuto con grande risalto la segnalazione di possibili casi di animali infetti prima in Turchia e Romania, poi in Grecia e Croazia. Ma progressivamente la paura e' passata, fino al minimo degli ultimi mesi registrato il 12 dicembre scorso.
Al calo della preoccupazione non e' pero' seguito un comportamento conseguente nelle scelte alimentari e di consumo. In ottobre gli italiani che affermavano di aver ridotto l'uso di carni bianche erano il 37% del totale, per scendere poco sotto la quota del 30% (esattamente il 29%) a meta' dicembre. Secondo la ricerca, chi ha maggiormente ridotto o anche abolito del tutto il consumo di polli, tacchini e volatili in genere sono stati gli anziani e le persone con cosiddetta ''istruzione inferiore'', specie al Sud. ''La paura, anche se non giustificata come in questo caso - afferma il ricercatore Nicola Piepoli - e' un fantasma difficile da sconfiggere: ora sembra passata, ma per riprendere consumi simili a quelli precedenti l'impatto emotivo della presunta pandemia ci vuole piu' tempo. In genere i consumi di polli e affini sono calati del 20% e l'arrivo del Natale sta servendo per tornare alle normali e radicate tradizioni'', conclude Piepoli.
Si prospetta quindi un Natale con brodo e gallina bollita, magari anche un fine anno con tacchino al forno e cappone per molti italiani, che nel frattempo avevano sostituto il pollo con altri tipi di carne (scelta effettuata dalla meta' di chi aveva rinunciato ai volatili) o con il formaggio (circa il 30%). Scarsissimo il ricorso al pesce, mentre quasi il 20% ha semplicemente mangiato meno carne in generale.
Piuttosto elevata e' stata comunque la fiducia degli italiani nei confronti del ministero della Salute: per tutta la durata dell'allarme 'aviaria' la quota di chi pensava che il Governo stesse prendendo ''misure adeguate'' si e' mantenuta tra un minimo del 66% e un massimo del 78%.
''Se da una parte e' stato comprensibile fare scorta di farmaci antivirali e accordarsi con l'industria farmaceutica per la possibile produzione di un vaccino - afferma Giorgio Poli, preside della facolta' di Veterinaria dell'Universita' statale di Milano -non si dovevano pero' fare troppi paralleli con la 'spagnola' del 1918, perche' oggi il rischio pandemia in Occidente e' pressoche' nullo, mentre allora ci furono milioni di morti soprattutto per la situazione generale cosi' diversa da quella attuale: condizioni post-belliche, denutrimento, scarsa igiene e mancanza di farmaci''. Secondo Poli, che nel corso della presentazione della ricerca dell'Istituto Piepoli ha ricostruito le fasi della diffusione del virus H5n1 e di diversi altri da decenni presenti tra i volatili, ''e' inspiegabile l'allarme che si e' diffuso. I rischi veri esistono purtroppo nel Sud Est asiatico per la popolazione locale a causa delle situazioni igieniche e di promiscuita' tra uomo e animali. Una pandemia potrebbe nascere solo dalla ricombinazione del virus, magari nei maiali che sono spesso l'anello di congiunzione della trasmissione, ma intanto - conclude il preside della facolta' di Veterinaria di Milano - solo negli Stati Uniti ci sono circa 40mila morti all'anno per meningite e i decessi per l' 'aviaria' non sono di piu' di quanti, sempre negli Usa, se ne contano per contaminazione alimentare degli hamburger''. (ANSA).