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UN GOLDEN CONTRO L’ALZHEIMER

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Si chiama Gilda ed e' uno splendido esemplare di golden retriever di sette mesi: da alcune settimane e' impegnato in un progetto pilota in Italia di pet-therapy tra i malati di Alzheimer ed altri malati cronici non autosufficienti dell' Asl 4 di Torino. Presentando il progetto, realizzato anche con il contributo del Rotary, il direttore di Geriatria dell' Asl, Pietro Landa, ha sottolineato come l' inserimento del cane nella struttura di Rsa (Residenza Sanitaria Assistenziale) e nel Centro Diurno verra' presto brevettato dalla ''Delta Society'', fondazione americana conosciuta come massimo organo di controllo e di governo in materia di pet-therapy.
In Italia la pet-therapy e' arrivata da poco e non ha ancora sviluppato un organismo di controllo ''necessario - ha detto la veterinaria Maria Cavallero, responsabile del progetto - perche' queste esperienze vengano condotte nella maniera piu' scientifica possibile''. Gilda ha gia' cominciato a ''lavorare'' con i pazienti dopo che tutti i malati (o i familiari, nel caso si tratti di pazienti non autosufficienti) avevano dato il loro consenso alla sua introduzione nella struttura, e gia' si registrano i primi risultati. ''Non possiamo certo dire che i malati di Alzheimer, tramite il contatto con il cane - ha detto il dottor Landra - recuperano la memoria, ovvero la funzione che viene lentamente a mancare con questa malattia - ma in molti casi i pazienti cominciano a fare e dire cose, a scoprire atteggiamenti dimenticati. L' animale, con la sua spontaneita' regala loro autentici gesti di amore disinteressato, producendo in loro un' attivazione di reazioni e sentimenti spesso sopiti. In molti casi si hanno miglioramenti fisici a diversi livelli''. ''Ovviamente - ha spiegato la veterinaria - perche' tutto avvenga nel migliore dei modi - occorre che il cane venga seguito, cibato e gestito da un numero di operatori idonei, in questo caso quattro a turno, in modo che il cane abbia sistemi di riferimento chiari. A dargli da mangiare non devono essere dei malati, altrimenti comincerebbe a preferire proprio questi pazienti, ma le persone preposte che diventano per loro i 'padroni', figure necessarie per la sua salute mentale. Ovviamente poi il cane, durante il giorno va da tutti i pazienti e puo', al caso, sviluppare preferenze, ma generalmente mai cosi' forti da causare invidie o reazioni negativi tra gli stessi ricoverati''. Esperimenti parziali di questo tipo sono gia' stati fatti in Italia, ma mai un cane e' stato sistemato in una residenza fissa, come fosse la sua casa, per cercare di creare un ambiente del tutto familiare. Dopo un primo anno, il caso verra' studiato e verificato dagli esperti e se passera' l' esame, potrebbe venir allargato in altri ospedali cittadini e, perche' no, italiani, seguendo l' orma di centinaia di strutture sanitarie americane ed europee. (ANSA).