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ALMALAUREA: DOPO TRE ANNI DALLA LAUREA IN VETERINARIA

ALMALAUREA: DOPO TRE ANNI DALLA LAUREA IN VETERINARIA
L'intera documentazione, disaggregata per Ateneo, Facoltà e articolazione per corso di laurea, è a disposizione da giovedì 8 marzo 2012 in www.almalaurea.it. Scarso peso politico dei giovani. Formazione specialistica sottovalutata, scarsi fondi e investimenti. Resistenze culturali nella società verso le donne.  Il sistema universitatio italiano in termini di performance " è impietoso". Ecco il profilo del medico veterinario a tre anni dalla laurea.

Chiunque può sbizzarrirsi nella consultazione dei dati del Rapporto Almalaurea 2012, dati diffusi  ad uso e consumo di studenti, docenti e addetti ai lavori, per la verifica dell'efficacia esterna dell'università. I dati sono riferiti al 2011 e secondo gli analisti di Almalaurea " il sistema universitario italiano in termini di performance, è impietoso". Numerose le cause evidenziate del documento finale di sintesi, non solo economiche, ma anche culturali: criteri meritocratici di attribuzione dei fondi potranno contribuire a migliorare l'efficacia interna ed esterna del sistema universitario a condizione che i fabbisogni minimi e complessivi di risorse siano determinati secondo i parametri internazionali relativi al costo della didattica e della ricerca.

Estrapolando i dati riferiti a tre anni dalla laurea presso le Facoltà di Medicina Veterinaria (tutte le sedi) e i tipi di corso ( tutti: primo livello, specialistico, specialistico a ciclo unico, non riformato, pre-riforma), il Rapporto 2012 evidenzia una composizione di genere in maggioranza femminile (60,7%), con età media di 27 anni e un voto di laurea medio di 103,5, dopo 6,9 anni di studio in media.

1. Collettivo indagato
2. Formazione post-laurea
3. Condizione occupazionale
4. Ingresso nel mercato del lavoro
5. Caratteristiche dell'attuale lavoro
6. Caratteristiche dell'azienda
7. Guadagno
8. Utilizzo e richiesta della laurea nell'attuale lavoro
9. Efficacia della laurea e soddisfazione per l'attuale lavoro
10. Ricerca del lavoro

Dichiara di lavorare il 77,1% dei 497 intervistati (su un collettivo selezionato di 616 laureati), in larghissima misura nel nel settore privato (90,9%), di avere iniziato a lavorare dopo la laurea (75,2%) e di svolgere lavoro autonomo (59%). Il tempo indeterminato è dichiarato dal 7,8, valori analoghi alla parasubordinazione. Il ramo di attività economica prevalente è "consulenze varie" (43,9%), mentre la sanità è al secondo posto (30,8%).

Gli uomini dichiarano un guadagno netto mensile medio di 1.218 euro, le donne di 887 euro.

Il valore attribuito al possesso del titolo di studio è elevato: per il 55,6% porta ad un miglioramento della posizione lavorativa, per il 66,8% è "elevato" l'utilizzo delle competenze acquisite con la laurea, per l'86,3% la laurea è efficace ai fini della soddisfazione del lavoro svolto. Un fattore decisivo dell'importanza del titolo accademico, per la maggioranza degli intervistati, sta nel fatto che è richiesto dalla legge (79,9%).

Fra i non occupati, il 69,4% degli intervistati dichiara di non essere in cerca di lavoro principalmente per motivi di studio. Fra i non occupati che cercano invece, la maggioranza dichiara che l'ultima iniziativa per trovare lavoro risale a 15 giorni prima.

In Italia è penalizzata l'occupazione più qualificata. Nel quadro di sintesi del Rapporto, si sottolinea una anomalia italiana: mentre al contrarsi dell'occupazione, negli altri paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro paese è avvenuto il contrario. Tutto ciò "è aggravato dal limitato peso politico dei giovani rispetto a quanto accade nel resto d'Europa. Si legge nel Rapporto: "Sarebbe un errore imperdonabile sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano; non facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi e costosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il proprio futuro. Tanto più in Italia, dove costituiscono una risorsa scarsa anche nel confronto con i paesi più avanzati, i giovani sono per di più in difficoltà a diventare protagonisti del necessario ricambio generazionale per il crescente invecchiamento della popolazione e per l'inamovibilità di tante gerontocrazie".

Sotto accusa anche gli scarsi investimenti in formazione e ricerca: la reale consistenza delle risorse destinate all'università, al di là dei facili luoghi comuni, è chiaramente indicata dalla documentazione OECD più recente.
Il costo totale per ogni laureato, comprensivo anche dei costi connessi alla durata effettiva degli studi e di quelli relativi agli abbandoni, in Italia risulta decisamente inferiore.

Il divario occupazionale tra laureati e laureate e le differenze retributive segnalano quanto ancora le donne, in questo caso tra quelle più istruite, siano penalizzate nel mercato del lavoro. Perché? Le differenze di genere non sembrano attribuibili ad alcune tra le motivazioni più frequentemente addotte per spiegarne l'origine, come il minore "merito" delle laureate rispetto ai colleghi maschi, la pur persistente segregazione orizzontale nelle scelte formative e professionali, o un eventuale condizione di maternità. "Più convincenti – concludono gli studiosi - appaiono quindi le spiegazioni che riportano le differenze osservate ad una più generale "disuguaglianza di genere", radicata nella cultura e nella struttura socio-istituzionale del Paese, che si traduce in una marcata asimmetria tra uomini e donne nella divisione tra lavoro retribuito e non retribuito".

pdfRELAZIONE DI SINTESI SUL RAPPORTO ALMALAUREA.pdf1.89 MB

pdfSTATISTICHE VETERINARI A TRE ANNI DALLA LAUREA.pdf69.58 KB