• Utenti 11
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 31295
EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Portare gli animali in ufficio è giusto per loro

Portare gli animali in ufficio è giusto per loro
Atteggiamento lesivo? Portare gli animali in ufficio è giusto per loro, quali sono gli accorgimenti da attuare?
A Fiumicino in ufficio con il cane? Se n'è discusso quest'estate. La trasformazione del rapporto uomo-cane nei secoli è legata alla modificazione della struttura sociale-economica degli uomini della società.
Ricordiamo brevemente i passaggi evolutivi principali dal primo incontro tra l'homo sapiens ed il lupo, che la ricerca inserisce tra i 100.000 e i 50.000 anni orsono, e le conseguenti modificazioni filogenetiche che porteranno dal lupo al cane:
a) interazione arcaica: si basa sulla sinantropia, un mutuo vantaggio, basata sulla possibilità da parte dell'animale di trovare più facilmente una risorsa alimentare, mentre per l'uomo cacciatore-raccoglitore di aumentare la sicurezza del gruppo con la vigile presenza dell'animale; il rapporto tra i due soggetti diventa sempre più relazionale, da una parte favorito dal bisogno umano di esplicare un comportamento epimeletico (accudire qualcuno), dall'altra favorita dall'aspetto fortemente collaborativo dell'ormai cane con una sovrapposizione del suo welfare con quello del gruppo di appartenenza;
b) interazione economico-funzionale: coincidono la "domesticazione" da parte dell'uomo allevatore-agricoltore e la trasformazione del cane in soggetto da lavoro e/o da utilità; da qui inizia quella pressione selettiva da parte dell'uomo sul cane che porterà alla variazione filogenetica delle razze, con importanti differenze morfologiche e comportamentali (caccia, conduttori di greggi, guardiani di armenti, ecc.); purtroppo la visione dell'uomo nei confronti del cane è basata sul meccanicismo, cioè cane in quanto automa;
c) interazione zooantropologica: con il progressivo spostamento delle attività produttive dall'ambiente rurale all'ambiente urbano, il cane acquisisce sempre più il ruolo di "pet", animale da compagnia, dove viene rispettata la sua alterità e favorite le sue potenzialità cognitive, allontanando la deriva antropoformizzante che spesso caratterizza la relazione.
La risposta quindi alla domanda iniziale è assolutamente affermativa, proprio per questo bisogno di collaborazione stretta tra uomo e cane, di condivisione delle esperienze con il proprietario quale centro referenziale, aspetti relazionali che hanno permesso la coevoluzione tra uomo e cane.
Ma ad alcune condizioni importanti:
a) una crescita culturale della società che deve "permettere" il binomio: facilitazioni di spostamento sui mezzi pubblici, favorire l'entrata dei cani nei pubblici uffici, creazione di aree ricreative per cani da parte delle istituzioni, ecc.
b) un rispetto dei fabbisogni comportamentali dei cani: uscite nelle aree ricreative per l'attività fisica e ludica nei momenti di pausa lavorativa; un apprendimento preventivo del gioco della "copertina", strumento che rinforza lo stato di calma del cane e delimita la sua zona di riposo, da porre nella stanza di ufficio; un corretto rifornimento in cibo ed acqua.
Il cane ci deve insegnare che i tempi non sono quelli nevrotici ed incalzanti del terzo millennio, ma che si può alternare una pratica di ufficio con una carezza o con uno sguardo d'intesa.

Raimondo Colangeli, Vice Presidente ANMVI