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PATOLOGIA AVIARE

Aviaria in Italia, prof Grilli (Unimi): virus non colpirà l'uomo

Aviaria in Italia, prof Grilli (Unimi): virus non colpirà l'uomo
L'ampliamento dei territori interessati dalle misure sanitarie anti-aviaria attira l'attenzione della stampa. Cosa dicono gli esperti interpellati dalle agenzie.


"Non abbiamo mai avuto finora casi umani di influenza aviaria in Italia, per fortuna". Intanto, "non è semplice per questo virus colpire l'uomo". Ci sono stati piccoli focolai in particolare nel Sudest asiatico, "ma non da noi. Siamo meno esposti anche per il tipo diverso di vita che facciamo: non dormiamo con gli animali e abbiamo allevamenti specializzati: chi ha tacchini ha solo quelli, chi ha polli da carne ha solo quelli". A spiegarlo all'Adnkronos Salute è Guido Grilli, docente di Patologia aviare alla facoltà di Veterinaria dell'università degli Studi di Milano.

Nell'uomo pochissimi recettori- "Il problema del passaggio" di specie, e di un eventuale salto all'uomo, precisa l'esperto, "è legato al fatto che si può modificare il virus solo se c'è un passaggio in un altro animale. Noi abbiamo pochissimi recettori per il virus dell'influenza aviaria e ce li abbiamo solo a livello polmonare. Perciò il virus deve essere respirato in grandi quantità e riuscire ad arrivare direttamente negli alveoli, perché se si ferma prima non attecchisce". In definitiva, osserva Grilli, oggi come oggi "è molto più pericolosa la West Nile e fa più morti".

Il ruolo del clima- "Noi nel Nord Italia abbiamo tutte queste zone umide ed è un contesto problematico" per l'influenza aviaria. In più il mondo sta cambiando:"Sicuramente il cambiamento climatico ha impatto - sottolinea
l'esperto - Se si va adesso nelle nostre campagne nel Lodigiano, si possono vedere anche diverse popolazioni stanziali di ibis sacri, che sono una specie africana e si chiama così perché era sacra per gli egizi. E' un bel salto dall'Egitto a casa nostra", osserva Grilli. "Col cambiamento climatico, abbiamo avuto un problema", riflette il veterinario: "Abbiamo molti più animali stanziali rispetto a qualche anno fa. Fa più caldo e abbiamo 150mila anatre che si fermano nei nostri laghi. Se noi guardiamo a 20-30 anni fa, la presenza di anatre selvatiche era molto inferiore rispetto ad adesso. Perché ora le anatre passano le Alpi, ma qui da noi stanno bene, da un punto di vista climatico, e chi glielo fa fare di proseguire fino all'Africa?" L'intero Paese può  diventare 'un'area di sosta' nell'autostrada della migrazione "Diversi anni fa, per esempio, c'erano stati casi in Puglia di cigni morti di aviaria. Sicuramente il cambiamento climatico permette a questi animali di rimanere qui da noi e lo si vede: oggi abbiamo i cormorani, e persino i gabbiani in Lombardia", conclude.

Biosicurezza e allevamenti all'aperto- Continua Grilli, "noi abbiamo misure di biosicurezza molto attente, ma un virus influenzale si muove con l'aria e noi non possiamo chiudere gli animali in una camera stagna. E c'è un altro aspetto che viene poco considerato, soprattutto dai movimenti animalisti che vogliono gli allevamenti all'aperto: l'Italia è lunga ei migratori che vanno a svernare in Africa, che sono qualche milione, passano da noi. Si fermano in Pianura padana perché ci sono i grossi laghi e poi, se il tempo peggiora qui da noi, scendono verso l'Africa"

Fenomeno stabile, è il monitoraggio più attento- "Negli anni - puntualizza - non è stato osservato un aumento di questi focolai di influenza nella popolazione aviaria. Se si sente più spesso parlare di casi simili è perché ormai da 20 anni siamo molto più attenti quando osserviamo delle mortalità anomale fra gli uccelli. Il ministero e l'Ue hanno emanato indicazioni più precise".
"Io stesso - riferisce l'esperto - partecipo al monitoraggio passivo in Lombardia sugli animali morti. Tutti i  volatili selvatici che io vedo vengono campionati e mandati alla virologia. Siamo molto più attenti. Siamo più o meno stabili nella
frequenza del fenomeno, ma più efficienti nel rilevarlo, vengono fatti subito i rilievi e si apre subito il focolaio in caso di positività e purtroppo per gli animali da allevamento è previsto il sequestro e l'abbattimento. E si traccia una zona di protezione di addirittura 10 km. Una cintura di sicurezza, in cui si intensificano ancora di più i controlli. Anche se gli animali in ogni caso sono sempre controllati 48 ore prima della macellazione, ma ovviamente c'è un'attenzione
maggiore".

Una vecchia conoscenza - Il virus arriva con le migrazioni degli uccelli selvatici, soprattutto anatidi. Grilli ricorda che i  primi casi segnalati ufficialmente in realtà risalgono addirittura alla fine dell''800, proprio in Italia. La prima descrizione scientifica era stata pubblicata negli "Annali della Reale Accademia d'Agricoltura di Torino, "credo nel 1898, e l'influenza aviaria era chiamata 'peste lombarda'. Perché annualmente con i flussi migratori puntualmente
moriva il pollame di proprietà dei piccoli agricoltori. Noi siamo come un''autostrada' per quanto riguarda la migrazione. E abbiamo continuato a inseguire questi casi di influenza che ogni anno ci sono"- conclude Grilli.

Walter Ricciardi, consulente del Ministro Roberto Speranza- Sui focolai di aviaria in alcuni allevamenti in Italia "speriamo non ci sia il salto di specie, lo 'spillover'. Ma dobbiamo fare come stanno facendo i colleghi veterinari cioè isolare i focolai, abbattere tutti i capi, bloccare sul nascere perché il rischio c'è sempre. Nel 2009 abbiamo avuto una pandemia di influenza aviaria, fortunatamente si è esaurita da sola e non c'è stato bisogno della vaccinazione. Ma la lotta che fanno i virus e i batteri all'uomo dura da 2000 anni, erano loro i padroni delmondo. Il vaccino è lo strumento principale". Lo ha detto Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, ospite di 'Agorà' su RaiTre, rispondendo a una domanda sui rischi legati ai vari focolai di aviaria riscontrati in allevamenti di volatili sia nel veronese che a Ostia.

Fabrizio Pregliasco (Statale di Milano) - "Evitiamo inutili allarmismi", non c'è "nessun pericolo per la trasmissione interumana" dell'influenza aviaria. E' la rassicurazione che arriva dal virologo Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano in riferimento ai recenti casi di aviaria registrati in allevamenti di Lazio e Veneto."L'infezione con virus dell'influenza aviaria - spiega l'esperto - non si trasmette in maniera efficiente da persona a persona. E' una patologia dovuta a un virus influenzale di ceppo A, ospitato negli uccelli selvatici che può colpire diverse specie di uccelli domestici e può essere trasmesso all'uomo esclusivamente attraverso il contatto diretto con uccelli infetti e con i loro escrementi. Il virolgo parla di "grande capacità di sorveglianza e controllo del nostro Paese su questo tema, grazie a un collaudato sistema di collaborazione tra le autorità, veterinari e le filiere produttive. Il sistema di allerta - afferma Pregliasco - esiste e funziona. E' necessario continuare i controlli e prestare una grande attenzione a una problematica che conosciamo e sappiamo gestire".
E "rispetto al salto di specie - ribadisce il - non bisogna creare allarmismi unendo concetti come Covid, aviaria e pandemie. E' solo una possibilità che si può verificare - scandisce Pregliasco - esclusivamente in situazioni particolari di promiscuità e di massiccioe diretto contatto con gli animali infetti. E' ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica -conclude - che i recettori per i virus dell'aviaria sono poco presenti nell'organismo umano e che pertanto il virus non trova nell'uomo un terreno fertile dove attecchire".