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IL PUNTO SULL' EMERGENZA

H5N1 non in grado di causare contagio inter-umano

H5N1 non in grado di causare contagio inter-umano
In Italia, H5N1 è in aumento negli uccelli selvatici. La situazione degli allevamenti è migliorata. Nessun caso nei mammiferi. Veterinari più esposti: raccomandato il vaccino stagionale.

Nella nota stampa odierna, il Centro di referenza  per l’influenza aviaria dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie evidenzia che sono soprattutto gli uccelli selvatici a rappresentare, nel nostro Paese, la principale fonte di rischio per gli allevamenti di volatili domestici. Nessun caso nei mammiferi e gli studi finora condotti dall’IZSVe indicano un’evoluzione solo parziale del virus che, per il momento, non è in grado di causare un contagio inter-umano.

“La diffusione del ceppo H5N1 HPAI fra gli uccelli selvatici è in aumento, in Italia come nel resto del mondospiega Calogero Terregino, direttore del Centro di referenza. "Nel nostro paese, i casi di H5N1 HPAI nell’avifauna interessano principalmente Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Il ministero della Salute ha evidenziato come tale situazione costituisca un rischio costante per gli allevamenti di volatili domestici, considerato che alcune zone ad elevata densità avicola coincidono con le aree dove attualmente si rilevano casi di HPAI nei selvatici. Come Centro di referenza stiamo monitorando l’evoluzione dell’epidemia su tutto il territorio nazionale con estrema attenzione, per evitare che si verifichi una situazione come nell’inverno 2021-2022.”

In questo quadro, la situazione degli allevamenti italiani "è migliorata rispetto a un anno fa – afferma Terregino – grazie anche all’intenso lavoro portato avanti dal ministero della Salute in collaborazione con le Regioni e le Asl coinvolte, il Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e i rappresentanti del mondo produttivo. La collaborazione fra le parti ha permesso di affrontare e migliorare le principali criticità riscontrate, rafforzando in particolare la sorveglianza negli uccelli selvatici e rendendo più efficaci le strategie di prevenzione e la gestione dei focolai negli allevamenti.”

I dati
- In Italia, a partire da settembre 2022 sono stati ufficialmente confermati 79 casi di positività fra gabbiani (19), alzavole (13), germani (10) e in altri esemplari di rapaci e anatidi. Molti altri casi sospetti nei gabbiani sono in corso di conferma presso l’IZSVe. Il persistere di casi nei selvatici evidenzia la continua circolazione di H5N1 sul territorio italiano in linea con quanto sta avvenendo in altri paesi europei ed extra europei in cui si registra un aumento di casi anche nel pollame e nei mammiferi selvatici, e in cui sono stati segnalati anche sporadici casi in mammiferi domestici.
La situazione è più favorevole, dopo la drammatica ondata epidemica di H5N1 HPAI che ha investito prevalentemente il nordest nazionale nell’inverno 2021-2022, con 317 focolai negli allevamenti. L’ultimo focolaio nel pollame risale infatti al 23 dicembre 2022, portando a 30 il numero dei casi confermati da settembre 2022. I focolai sono stati riscontrati principalmente in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.

In Italia nessun caso tra i mammiferi- Sono previste attività di monitoraggio anche nei mammiferi, in particolare nelle aree umide frequentate da uccelli selvatici potenzialmente infetti.Il virus H5N1, come molti altri virus respiratori, è molto plastico e il suo tasso di mutazione genetica è piuttosto elevato. Alcuni ceppi del virus H5N1 (clade 2.3.4.4b) attualmente circolanti fra gli uccelli hanno mostrato mutazioni considerate segni di adattamento ai mammiferi. Alcuni animali, come i visoni, potrebbero consentire il riassortimento genetico di diversi virus influenzali, da cui possono emergere varianti virali più pericolose per gli animali e l'uomo. Sono attualmente in corso presso i laboratori del Centro di referenza per l’influenza aviaria dell’IZSVe studi per approfondire le caratteristiche genetiche e biologiche del ceppo identificato nei visoni in Spagna.

I rischi per l'uomo - Gli studi finora condotti dall’IZSVe indicano un’evoluzione solo parziale del virus che, per il momento, non è in grado di causare un contagio inter-umano. Non si può escludere però che il virus in futuro possa acquisire caratteristiche tali da renderlo trasmissibile da uomo a uomo. Una delle armi più efficaci per individuare tempestivamente questa eventualità è la condivisione delle sequenze genetiche fra i membri della comunità scientifica, in modo da seguire l’evoluzione del virus nel tempo e nello spazio e capire se si verificano mutazioni che favoriscono la replicazione nei mammiferi.
I virus aviari non sono in grado di contagiare con facilità l’uomo, nella maggior parte dei casi le infezioni da H5N1 sono avvenute in persone a stretto contatto con volatili infetti in aree molto povere, in condizioni di forte pro-miscuità e scarsa igiene, senza un’opportuna consapevolezza della presenza del¬la malattia e dei rischi ad essa associati.

Categorie professionali più esposte al rischio- Allevatori avicoli, veterinari, macellatori e trasportatori potrebbero venire in contatto più frequentemente con uccelli infetti o morti di influenza aviaria, è previsto un monitoraggio sanitario in caso di epidemia ed è raccomandabile la vaccinazione contro l’influenza umana, come misura per prevenire fenomeni di ricombinazione genetica tra il virus stagionale umano e il virus dell’influenza aviaria.