La circolazione di prodotti di origine animale importati dall'estero ''e' esclusa solo nel caso in cui sia incerta o impossibile l'identificazione del prodotto, ipotesi questa che non discende automaticamente da un doppio numero di registrazione''. L'obbligo di controllo di identita' di ciascuna partita al fine di accertare che i prodotti siano conformi ai dati che figurano nei relativi certificati o documenti di accompagnamento ''non puo' infatti essere inteso nel senso che puo' essere impedita la circolazione nel territorio nazionale di un prodotto di cui puo' essere documentalmente accertata la provenienza''. Lo ha affermato il Tar del Lazio in una sentenza (n.5809/2006), accogliendo il ricorso della societa' Hill's Pet Nutrition Italia contro i provvedimenti con i quali il Ministero della Salute (Ufficio Veterinario di Porto, di Napoli), ha disposto la non ammissione all'importazione dei prodotti di origine animale destinati a mangime e stivati in container, ordinandone la rispedizione all'origine, in quanto dai controlli effettuati era risultato che il numero di riconoscimento dello stabilimento di produzione riportato nel certificato sanitario non corrispondeva al numero riportato in etichetta. La difformita' tra il numero di riconoscimento dello stabilimento di produzione riportato nel certificato sanitario e il numero riportato sull'etichetta dei prodotti indurrebbe ad incertezza sull'effettivo stabilimento di provenienza della merce e non ne consentirebbe la corretta e sicura identificazione. Ma secondo la societa' ricorrente tale incertezza risulterebbe, di fatto, insussistente in quanto lo stabilimento di provenienza della merce sarebbe identificabile come l'Hill's di Topeka, sito in Kansas (USA), regolarmente registrato dall'United States Department of Agricolture ed inserito nell'elenco degli stabilimenti degli Stati Uniti autorizzati ad esportare in Italia, pubblicato dal Ministero della Salute. La ricorrente aveva affermato anche che non vi sarebbe stata alcuna violazione delle norme comunitarie in quanto un regolamento CEE del 2002 prevede l'approvazione degli stabilimenti di produzione dei mangimi per animali, operanti all'esterno della Comunita', ma non prevede alcun obbligo di registrazione del numero dello stabilimento, attribuito a tale fine, sulle etichette della merce. Secondo il Tar ''correttamente l'Amministrazione resistente, una volta accertata la difformita' tra il numero di stabilimento risultante nel certificato sanitario e quello risultante sui prodotti, ha contestato tale difformita' ritenendo non sicuramente identificabile il prodotto da ammettere alla circolazione interna''. Tuttavia, nel caso in cui non vi sia un'immediata e certa identificazione della merce in viaggio, ''non deve necessariamente ritenersi esclusa ogni possibilita' di identificazione della medesima merce attraverso l'apporto di chiarimenti e documenti da prodursi ad opera della societa' interessata, nel caso in cui questi siano in grado di identificare, senza errori ed incertezza, il prodotto e lo stabilimento di produzione''. Di conseguenza il Tar ha ritenuto illegittimo l'operato dell'Amministrazione in quanto l'identificazione certa sia della merce sia del suo stabilimento di produzione era possibile sulla base di quanto prodotto dalla societa'.(ANSA).