Nell' ambito del Piano internazionale e nazionale di prevenzione e contrasto dell' influenza aviaria, anche la Regione Umbria in accordo con l' Istituto zooprofilattico sperimentale Umbria-Marche e con le associazioni di categoria, ha impartito precise disposizioni ai servizi veterinari delle quattro Asl. L'assessore regionale alla sanità, Maurizio Rosi, ha spiegato che i provvedimenti adottati in ottemperanza dell' ordinanza ministeriale del 26 agosto 2005 riguardano in particolare la messa in rete nazionale dei dati degli allevamenti regionali di pollame e la tracciabilità degli allevamenti di provenienza. Proseguono, inoltre - riferisce una nota della Regione - le attività ordinarie e straordinarie di controllo preventivo della fauna selvatica e quelle sui prodotti alimentari offerti da ristoranti e negozi etnici, previste nei piani regionali. L' assessore Rosi ha detto che sono state poste in essere ''tutte le misure preventive di controllo e di vigilanza, per far fronte ad eventuali emergenze nel settore avicolo, anche se al momento non vi sono fondati motivi di pericolo per la salute animale ed umana''.
L' influenza aviaria - spiegano al servizio prevenzione e sanità pubblica della Regione - e' una malattia infettiva propria degli uccelli causata da virus influenzali. Il grado di suscettibilità a contrarre l' infezione ed a ammalarsi varia tra le diverse specie di volatili. I casi umani sinora riscontrati in estremo Oriente hanno riguardato esclusivamente persone direttamente coinvolte con gli allevamenti di pollame infetti, in situazioni igienico-sanitarie largamente precarie e di gran lunga diverse dalle nostre. Allo stato attuale non e' stato dimostrato il contagio da uomo a uomo, e cio' non e' avvenuto neanche nei Paesi orientali dove si sono verificate le infezioni umane. La trasmissione della malattia avviene per contatto diretto con le escrezioni e con le secrezioni (feci, secrezioni respiratorie) di animali infetti, con mangime, attrezzature, vestiario del personale addetto agli allevamenti, contaminati da animali infetti. Uccelli migratori, acquatici in particolare perche' piu' resistenti a contrarre la malattia, possono diffondere l' infezione. E' una malattia che, nelle condizioni naturali, non si trasmette con il consumo della carne di pollame, ne' di prodotti derivati. Non bisogna dimenticare, tra l' altro - continua a nota - che l' Italia, diversamente da quanto accade per altri settori, e' largamente autosufficiente per la produzione di pollame. Si produce piu' di quanto si consumi (106 per cento). L' allevamento del pollame offre, inoltre, margini di controllo non irrilevanti in quanto e' caratterizzato da brevita' del ciclo produttivo e dal ricorso alla tecnica del cosiddetto ''tutto pieno-tutto vuoto'', inteso come completo e simultaneo spostamento di tutti gli animali facenti capo a ciascun ciclo, con lo svuotamento di ciascun sito (capannone, paddock) di allevamento. (Agenzia Umbria Notizie).