Come combattere e prevenire la diffusione di BSE, influenza aviaria e altre epidemie legate alla produzione di alimenti di origine animale: ne discutono oggi autorevoli esperti italiani e stranieri a in occasione del primo “Convegno internazionale della Società italiana di Medicina veterinaria preventiva” che la Società ha organizzato con l’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Su ciò che la vicenda-BSE ha rappresentato per il nostro Paese e per la veterinaria italiana, il Segretario Nazionale del SIVEMP Aldo Grasselli ha dichiarato al quotidiano Italia Oggi: “ Il caso BSE è stata una lente d’ingrandimento che ci ha permesso di comprendere l’efficienza dei servizi veterinari dei vari paesi dell’Unione Europea. Il nostro paese ha rilevato una percentuale di positività alla BSE fra le più basse d’Europa. Questo a mio avviso dimostra chiaramente che la rete dei controlli veterinari del nostro paese ha consentito di ridurre al minimo il rischio BSE. Cosa ha insegnato questa esperienza? Per Grasselli “ ha insegnato che garantire veramente la prevenzione e la sicurezza dei consumatori significa non delegare al mercato e all’iniziativa privata quello che deve rimanere un compito fondamentale del Servizio Sanitario Nazionale. La deregulation della Gran Bretagna che non aveva servizi veterinari è costata una fortuna ai bilanci di tutti i Paesi della UE. Non possiamo più accettare che altri paesi europei abbiano livelli di sicurezza alimentare inferiori a quelli assicurati dall’Italia. Siamo sicuri - ha continuato Grasselli di poter contenere qualsiasi recrudescenza della BSE, posto che ci sia dato il modo di operare senza confusione tra i livelli decisionali e quelli operativi. Qualunque problema sanitario comporta la necessita di assumere decisioni strategiche credibili, sostenute da adeguate risorse per l’applicazione di regole sanitarie di sostegno alle persone e alle imprese coinvolte”. Sul test in vivo, aggiunge: “ se sarà disponibile un test in vivo la UE e il ministero della salute dovranno comunque affidarne l’impiego solamente ai servizi veterinari pubblici altrimenti si potrebbero creare doppi circuiti, contrabbando di animali positivi e tutto il lavoro di sorveglianza svolto in questi anni per tutelare i consumatori andrebbe vanificato”.