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CODICE DEL CONSUMO

Equivoci sul Made in Italy in etichetta: un rischio per il consumatore

Equivoci sul Made in Italy in etichetta: un rischio per il consumatore
Alcune importanti aziende italiane sono finite nel mirino dell'Antitrust per avere commercializzato prodotti alimentari vantando impropriamente il Made in Italy.

La relazione annuale del Garante della Concorrenza - presentata ieri in Senato- riferisce di procedimenti (favorevolmente già chiusi) aperti nei confronti di aziende alimentari che indicavano in etichetta "elementi grafici suscettibili di ingenerare nei consumatori l’equivoco che il vanto del made in Italy fosse riferibile all’origine della materia prima e non – come nei fatti – al luogo di trasformazione e lavorazione".

Questo appuntamento istituzionale annuale ha consentito all'Antitrust di far il punto sugli interventi adottati nel 2017 ( anno di riferimento della relazione) e in generale sulla giurisprudenza nel settore agroalimentare a tutela del consumatore.

Per quanto riguarda il "made in Italy", il Garante ha ricordato che secondo la normativa UE vigente, "il paese d’origine o il luogo di provenienza non figurano tra le indicazioni obbligatorie in etichetta". Ai fini del Codice del Consumo- ha spiegato Pitruzzella-  "la valutazione dell’idoneità di un’etichetta a indurre in errore l’acquirente va operata in relazione all’aspettativa di un consumatore medio, informato ed attento circa l’origine e la provenienza del prodotto alimentare".

Nei casi avviati dall’Autorità, "è stato rilevato il rischio che – in relazione a prodotti tradizionali e non di chiara provenienza esotica, quali pomodori, capperi e lenticchie -  presentati come “made in Italy” e con segni in etichetta evocativi di una origine italiana del prodotto (si pensi alla bandiera nazionale) – il consumatore potesse ritenere che l’origine italiana riguardasse la materia prima e non già il luogo di trasformazione e lavorazione".

La provenienza orienta gli acquisti- Scopo dell’intervento dell'Antitrust è stato di "orientare gli operatori al rispetto di elevati standard di chiarezza e trasparenza sotto il profilo delle informazioni da veicolare al consumatore tramite l’etichetta dei prodotti alimentari, anche al di là della conformità della stessa alle specifiche prescrizioni poste dalla normativa di settore". Nel settore agroalimentare, infatti, la correttezza dell’informazione rappresenta un elemento cruciale, posto che le caratteristiche dei prodotti in questione, anche sotto il profilo della provenienza geografica degli stessi, sono in grado di orientare le scelte di natura commerciale del consumatore. I procedimenti si sono conclusi con l’accettazione di impegni che l’Autorità ha ritenuto idonei a rimuovere i possibili profili di scorrettezza della pratica commerciale e utili a fornire uno standard di riferimento per tutti gli operatori del settore.

Confezione approvata dal Ministero della Salute- Sempre restando nel settore alimentare, la relazione del Garante ha richiamato la giurisprudenza  per ricordare che  “l’approvazione della confezione del prodotto da parte del Ministero della salute non può valere a fondare una situazione di affidamento sulla legittimità della condotta promozionale, essendo la stessa tesa “ad accertare l’adeguatezza del prodotto in relazione alla composizione, agli apporti giornalieri, alle proprietà rivendicate e alle indicazioni”, senza incidere in ordine alla valutazione della capacità decettiva del consumatore, a tutela della quale ha agito l'Antitrust.

Il consumatore e la grafica complessiva delle etichette- Con specifico riguardo alle etichette dei prodotti alimentari, il giudice ha ritenuto che non “può assumere rilievo la circostanza che talune informazioni, pur presenti nel contesto dell’immagine pubblicitaria, siano affidate a caratteri di dimensioni minori in quanto, come affermato dalla giurisprudenza proprio con riguardo alle dimensioni minime dei caratteri presenti nelle etichette relative ai prodotti alimentari, la portata decettiva del messaggio risiede nella complessiva modalità grafica adoperata per la diffusione del claim".