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LIGURIA, INDENNIZZI IRRISORI PER L’ANEMIA INFETTIVA

LIGURIA, INDENNIZZI IRRISORI PER L’ANEMIA INFETTIVA
Da una parte c'è il problema del rimborso agli allevatori che, a causa della malattia, hanno dovuto abbattere alcuni loro capi. Dall'altra c'è la questione dei test sulla popolazione di cavalli e asini. Gli esami, per legge, devono continuare anche se non si è più verificato nessun caso di positività, dopo quelli del 2010. L'Assessore alla Sanità ligure ha risposto ad una interrogazione consiliare.

Molti allevatori dell'entroterra avevano dovuto abbattere molti capi (complessivamente un centinaio di animali) e in merito ai risarcimenti si è discusso durante l'ultimo consiglio regionale. Con un'interrogazione, il consigliere Pdl Gino Garibaldi ha chiesto alla giunta di affrontare il problema. «Molti allevatori, a causa di questa malattia, hanno dovuto abbattere un grande numero capi - dice il consigliere - L'indennizzo attribuito, 50 euro, è irrisorio rispetto al danno. Intendo proporre una legge per disciplinare in modo più congruo i risarcimenti agli allevatori».

Sul punto ha risposto l'assessore alla Sanità Claudio Montaldo. «L'abbattimento non era obbligatorio, e l'indennizzo è previsto solo in caso di obbligatorietà di sopprimere l'animale - risponde Montaldo - Se anche facessimo una legge per indennizzare gli allevatori non avremmo i fondi per finanziarla».

Quanto alla situazione attuale sul territorio, visto il verificarsi dei casi del 2010 l'Asl 4 (come pure l'Asl 3 per il territorio dell'entroterra di Genova) sta ripetendo i test sui campioni di sangue degli animali, perché questo è quanto stabilito dalla legge regionale. Una mole di lavoro enorme, che impegna l'esiguo numero di addetti della struttura veterinaria dell'azienda sanitaria chiavarese, coordinati dalla dottoressa Alessandra Raffo: una squadra di persone che ha a che fare con una serie di problematiche legate alla fauna del territorio, e non solo alla vicenda dell'anemia equina.

Per questo sono stati chiamati a collaborare anche alcuni veterinari privati, impegnati nell'attività di prelievo dei campioni che devono poi essere esaminati nei laboratori Asl. Tutto ciò, com'è intuibile, si traduce anche in un notevole costo per le casse dell'Asl, e in ultima analisi, per le tasche dei cittadini.
«In realtà il lavoro del monitoraggio sull'anemia non si è mai fermato - spiega Raffo - le norme impongono che il test su un animale debba essere ripetuto un anno dopo: quindi, se è stato fatto a febbraio, giugno o ottobre dovrà essere ripetuto nello stesso mese. La popolazione di animali a cui ci stiamo rivolgendo, tra cavalli asini e muli, è di circa 1.000 unità. Si può ben immaginare la mole di impegno che questa attività comporta». L'Anemia infettiva equina è una malattia che si trasmette da animale ad animale (e non all'uomo) attraverso le punture di insetti che si cibano di sangue, come le zanzare e i tafani. Può essere asintomatica per diverso tempo, ma spesso provoca, nell'animale che la contrae, indebolimento, febbre, e in rari casi anche la morte. Questo virus, va sottolineato, è innocuo per l'uomo anche nel caso l'animale positivo venga macellato per fini alimentari.

L'epidemia era scoppiata a maggio 2010, con l'individuazione di un capo infetto a Carasco e poi con numerosi casi riscontrati a Rezzoaglio e a Santo Stefano. Ma il caso di Carasco si era rivelato un episodio isolato: si era trattato di un cavallo, appena arrivato da fuori regione, sistemato in una stalla di un allevatore. A causa di quell'unico caso, però, anche per Carasco era scattato il regime di quarantena, che impone il divieto di movimentare animali in tutta l'area attigua al luogo dove il cavallo infetto si trovava, per un raggio di tre chilometri. Qualche mese dopo, non essendo venuti alla luce nuovi casi, l'azienda sanitaria chiavarese aveva ridotto il raggio della zona di quarantena da tre chilometri a 500 metri.

Ma il provvedimento, seppur doveroso e necessario, aveva comunque creato disagi. Essendo situati a Carasco alcuni maneggi e centri ippici, infatti, l'ordinanza di quarantena aveva, di fatto, compromesso tutta l'attività estiva: ippoterapia, gare, manifestazioni agonistiche sportive. Il provvedimento, infine, venne revocato. In val d'Aveto, a Rezzoaglio e Santo Stefano, la quarantena cessò invece qualche tempo dopo, a fine marzo scorso. (fonte: Il Secolo XIX)

Allegati
pdf IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE.pdf