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CIG IN DEROGA

Confprofessioni: il ministero del lavoro discrimina i professionisti

Confprofessioni: il ministero del lavoro discrimina i professionisti
Senza incentivi e senza welfare l'esclusione degli studi professionali dalla cassa integrazione è "atto incomprensibile e ingiustificato".

"Siamo alla discriminazione economica e sociale. Secondo quanto si apprende, il decreto del ministero del Lavoro e dell'Economia che ridisegna i nuovi criteri per l'accesso alla cassa integrazione in deroga per il 2014 escluderebbe i dipendenti degli studi professionali dai soggetti che potranno fruire della cassa in deroga". Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, commenta le anticipazioni sul decreto interministeriale sulla nuova Cig in deroga che interviene in maniera tranchant sui presupposti ed i requisiti per la fruizione della stessa, nonostante la crisi economica non dia segnali di tregua.

"Francamente è una scelta incomprensibile e ingiustificata" prosegue Stella. "Incomprensibile perché il settore degli studi professionali, al pari delle imprese, sta attraversando una fase di profonda crisi che si riflette in un sensibile calo dei fatturati degli studi. Ingiustificata perché l'impatto della Cig in deroga negli studi professionali è una goccia nel mare rispetto ad altri comparti produttivi, sia per il numero ore che di percettori".

Infatti, nell'ambito della cassa in deroga tra gennaio e ottobre 2013 sono state autorizzate 220 milioni di ore. Secondo le elaborazioni di Confprofessioni nello stesso periodo il settore degli studi professionali ha registrato quasi 2 milioni di ore autorizzate. "Il comparto degli studi professionali non raggiunge neppure l'1% delle ore autorizzate per la cassa in deroga e rappresenta poco più dello 0,3% del totale della cassa integrazione" afferma Stella. "Non ci sono giustificazioni, tantomeno economiche o di presunti risparmi, nella decisione di tagliare fuori gli studi professionali dalla cassa in deroga". "Qui non si tratta più di una distrazione burocratica, ma della volontà di colpire un settore che dà lavoro a 1,5 milioni di addetti e che nonostante le difficoltà dimostra di tenere in maniera particolare al proprio personale dipendente" conclude il presidente di Confprofessioni.