In questi giorni, un altro cetaceo morto, in avanzato stato di decomposizione, è stato ritrovato spiaggiato, forse a causa del forte vento di scirocco che ha soffiato negli ultimi giorni, sulle spiagge della marina di Manduria. Manca la parte della testa e proprio questo particolare ha reso sinora molto difficoltoso il lavoro dei veterinari dell'Asl, che hanno tentato di risalire alla specie dell'esemplare, lungo 3 metri, anche inviando le foto a vari enti competenti (come l'Università di Bari).
Il 23 aprile scorso, più di 250 persone si sono date appuntamento per la giornata di studi "Conservazione e salute dei cetacei in natura" organizzata dall'Università di Teramo per discutere dei risultati e fare il punto sulle conoscenze ad oggi disponibili riguardo la condizione dei mammiferi marini nei nostri mari.
Intervistato da Galileo, Giovanni Di Guardo, patologo veterinario presso l'ateneo abruzzese: "È sempre molto difficile stabilire una chiara relazione di causa-effetto, e non c'è quasi mai un solo fattore alla base di questo fenomeno. Certo è, però, che noi esseri umani abbiamo una grande responsabilità. Questi capodogli presentavano delle lesioni nei linfonodi indicative di una condizione di immunodepressione. Le indagini istopatologiche e istochimiche del cervello, inoltre, hanno rivelato una sofferenza neuronale. Non sappiamo cosa abbia portato a tutto questo, sappiamo però che il mercurio e certi altri contaminanti come diossine, Pcb e i cosiddetti ritardanti di fiamma possono avere effetti immunotossici e neurotossici, oltre ad agire come distruttori endocrini. Negli animali rinvenuti spiaggiati sulle coste mediterranee, le concentrazioni di queste sostanze sono particolarmente alte. In questo specifico caso, comunque, potrebbero aver giocato un ruolo anche altri fattori che non conosciamo: antropici, naturali, ecologici e comportamentali. Per esempio il gruppo era giovane e forse inesperto".