La solidità finanziaria degli enti di previdenza privati si valuta su un periodo non più computato in quindici anni ma raddoppiato. La Finanziaria 2007, al comma 763, ha previsto che “la stabilità delle gestioni previdenziali è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai trenta anni”; la disposizione fa leva sull’autonomia che tanto sta a cuore alle casse (stabilita per legge dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103), e allontana lo spettro di interventi di mano pubblica. Ma responsabilizza ancor di più gli enti di previdenza che, nel lungo periodo, dovranno fare valutazioni più precise e complesse per affrontare le variabili che nel tempo possono presentarsi, prima fra tutte quella demografica ed i suoi riflessi sul rapporto tra professionisti attivi e pensionati. Ecco perciò che la Finanziaria attribuisce agli enti la possibilità di “adottare i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario”. Senza però dare ulteriori indicazioni ad eccezione del principio del pro-rata in relazione alle anzianità già maturate e ai criteri di gradualità ed equità fra generazioni. Nient’altro. Secondo il Sole 24 Ore le misure di salvaguardia potrebbero quindi riguardare variazioni sia nelle aliquote contributive che nel calcolo delle prestazioni, incidendo sui criteri di determinazione del reddito o sulle aliquote di rendimento. Non entrando più a fondo nella questione, il comma 763 non supera nemmeno, come invece si attendeva l’Adepp, le sentenze di illegittimità nei confronti del contributo di solidarietà a carico dei pensionati adottato da alcune casse e giudicato come una forma di eccesso di potere. In mancanza di interventi di riequilibrio si può giungere al commissariamento. La Finanziaria non interviene sulle deliberazioni previdenziali adottate in precedenza e approvate dai Ministeri vigilanti.
Di seguito il comma 763 All’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: "Nel rispetto dei princìpi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai trenta anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo 2, comma 2, è redatto secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio nazionale degli attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’ente interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509". Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge.