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ECM, IL PARERE DEI LEGALI ANMVI

Chiamati ad approfondire il testo della sentenza del TAR del Lazio, i legali dell’ANMVI hanno concluso l’analisi della normativa in vigore e risposto alla domanda cruciale: quale valore rivesta quella sentenza sia rispetto alla normativa in vigore sia alla successiva comunicazione del Ministero della Salute che ha ribadito l’obbligo formativo per i liberi professionisti sanitari. “Nel nostro ordinamento- ha detto l’Avvocato Maria Teresa Semeraro, consulente legale dell’ANMVI-, contrariamente a quanto accade nei paesi di Common law (ovvero i Paesi anglosassoni), le pronunce giurisprudenziali non valgono ad innovare l’ordinamento medesimo, nel senso che non sono in grado di dettare una disciplina generale della fattispecie decisa, con la conseguenza che i giudici successivi possono discostarsi dal decisum di una sentenza precedente. Ciò non toglie che il precedente giurisprudenziale può essere determinante nella decisione di una controversia, soprattutto se non isolato, dovendosi considerare anche la maggiore autorevolezza di alcuni Tribunali rispetto ad altri (quale ad esempio si riscontra, nelle cause civili, in riferimento al Tribunale di Milano). Secondo i legali dell’ANMVI intorno al problema della obbligatorietà dell’ECM si muovono interessi contrapposti, destinati inevitabilmente ad entrare in conflitto: da un lato il Ministero della Salute e dall’altro lato i liberi professionisti, i quali, sentendo come iniquo l’obbligo di una formazione continua, ne lamentano l’illegittimità, reclamando, di conseguenza, il riconoscimento del carattere facoltativo dell’ECM. “La disciplina legislativa dell’ECM- ribadisce l’Avvocato Semeraro- difetta di precisione e di chiarezza non permette di risolvere i dubbi che il suddetto dibattito solleva. Quanto al comunicato del Ministero della Salute, esso “non muta i termini del problema, nel senso che si limita a dissentire dalla sentenza in commento senza nulla aggiungere al quadro normativo vigente. Ciò significa che, in presenza di disposizioni che comprimano le posizioni soggettive degli operatori sanitari in riferimento ad un preteso obbligo dell’ECM, gli operatori medesimi possono adire l’autorità giudiziaria confidando, alla luce della sentenza TAR Lazio 18.11.2004, in una maggiore probabilità dell’accoglimento delle loro richieste”