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APPELLO DEGLI SCIENZIATI: NON FERMATE LA SPERIMENTAZIONE

APPELLO DEGLI SCIENZIATI: NON FERMATE LA SPERIMENTAZIONE
Il recepimento italiano della Direttiva 63/2010 è eccessivamente restrittivo e in contrasto con gli obiettivi europei. Introduce limiti che vanno oltre la soglia regolamentare del diritto comunitario e che di fatto impediscono alla ricerca scientifica di andare avanti. Appello alla stampa: non usate la parola "vivisezione".

"La vivisezione è un retaggio del passato - dicono gli scienziati - . Oggi esiste la 'sperimentazione animale' per testare farmaci, ed è attuata con tutte le garanzie stabilite da leggi moderne, ma resta ancora una necessità irrinunciabile se vogliamo che gli ammalati trovino sempre migliori terapie". «Se non si possono allevare animali in Italia, verranno comperati all'estero dove sarà più difficile per i veterinari effettuare controlli». Ad ogni modo, la tecnologia ha permesso di diminuire enormemente il numero di animali impiegati laboratorio.

Per affermare questi concetti hanno incontrato ieri la stampa, a Milano, Silvio Garattini, (Istituto Mario Negri), Marco Pierotti (Istituto Tumori di Milano), Pier Giuseppe Pelicci (Istituto Europeo di Oncologia), Ferdinando Cornelio (Istituto Neurologico Besta) e Massenzio Fornasier, presidente Società Veterinari Animali da Laboratorio (SIVAL).

Palazzo Madama è stato sensibilizzato a queste ragioni e a chiedere la modifica agli emendamenti approvati dalla Camera e un recepimento senza restrizioni della direttiva Ue. L'Italia ha già una normativa molto avanzata in questa materia e non ha bisogno di una Direttiva Europea il cui obiettivo è di armonizzare il comportamento dei Paesi membri in materia. Il rischio è un eccesso di delega nel recepimento che porterebbe il nostro Paese anche a conseguenze per errato recepimento.

Un comitato etico verifica che l'esperimento sull'animale sia scientificamente corretto, abbia metodologia appropriata, risponda a congruità statistica e che gli animali non siano sostituibili con altra forma di sperimentazione. A parte ciò, poi, le stesse riviste scientifiche internazionali esercitano una forma di controllo, escludendo dalla pubblicazione le sperimentazioni non rispettose degli animali.
Fermo restando che allo stato attuale delle cose il passaggio alla sperimentazione animale per farmaci e terapie non può essere saltato, la posizione di ricercatori, medici e veterinari del settore è che chiunque faccia ricerca lo faccia in modo responsabile e che la Direttiva Europea è giusta, mentre ci sono evidenti contraddizioni negli emendamenti che sono stati apportati in Italia dalle commissioni parlamentari.

Il testo emendato e più restrittivo non piace neanche a Massenzio Fornasier, presidente della Società Italiana Veterinari Animali da Laboratorio (Sival). Secondo Fornasier, i tentativi di rendere più restrittivo l'uso degli animali in laboratorio rischia di essere un boomerang per la loro stessa tutela. I punti più importanti sono tre: il divieto di allevare in Italia cani, gatti e scimmie per scopo di ricerca, il divieto di effettuare qualsiasi procedura sperimentale senza l'utilizzo dell'anestesia e l'impossibilità di utilizzare gli animali per la formazione del personale delle strutture di ricerca. «Sono norme che contraddicono lo spirito stesso della Direttiva Europea», ha commentato Fornasier. «Se non si possono allevare animali in Italia, verranno comperati all'estero dove sarà più difficile per i veterinari effettuare controlli».
Per quanto riguarda l'anestesia, la Direttiva già prevede che sia utilizzata a meno che non sia più dannosa della procedura sperimentale stessa: allargare a tutte le procedure questo obbligo significa che «dovremo fare l'anestesia anche solo per i prelievi di sangue». L'impossibilità di fare formazione sugli animali, inoltre, «non fa che peggiorare la condizione degli animali che verranno toccati e manipolati da personale non formato», ha proseguito Fornasier, «con un rischio sicuramente maggiore di indurre sofferenza».
Senza la sperimentazione animale sulle scimmie l'Aids sarebbe ancora una malattia fatale, perchè solo sui primati funzionano i farmaci antiretrovirali che hanno portato alla cronicizzazione della malattia.

Di sicuro la tecnologia ha permesso di diminuire enormemente il numero di animali impiegati laboratorio. Oggi molte delle informazioni che si potevano ricavare post mortem «si possono raccogliere senza il sacrificio degli animali.
La risonanza magnetica funzionale, per esempio, ci consente di sapere cosa sta avvenendo all'interno del cervello di un topo o di un ratto mentre è in vita e la nanomedicina promette di rendere queste tecniche di imaging ancora più efficaci salvaguardando il benessere della cavia. Lo sviluppo tecnologico ha permesso di passare «dai centomila topi all'anno usati negli anni Ottanta al Mario Negri ai 12 mila di oggi. Un trend di decrescita che è confermato dai numeri ufficiali (tutti gli animali usati per la ricerca sono registrati e i dati sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale). «L'ultima rilevazione ufficiale del triennio 2007 - 2009», ha illustrato Fornasier, «parla di un 20% in meno rispetto al triennio precedente».

Per definire la tossicità del farmaco, prima viene testato per vedere come si comporta sulle cellule, poi sugli animali, quindi sull'uomo. Il 30% dei progetti muore nella prima fase (cellule). Dei restanti, il 40% dei progetti muore nella seconda fase (animali); il 50% viene scartato nei test sull'uomo. Solo l'1% dei progetti alla fine diventa farmaco. Non è possibile saltare la seconda fase, quella che interessa gli animali, perché la cellula non ci può dire qual è l'effetto su un organismo. Discorso ancora più valido per i test sul sistema nervoso che "interagisce in sistemi cellulari complessi che richiedono l'integrità di una struttura animale complessa". Massenzio Fornasier spiega che in Italia la legge impone la presenza di un veterinario in ogni istituto di ricerca. Fornasier ha presentato anche i numeri delle sperimentazioni animali in Italia: nel 2009 sono stati utilizzati oltre 750mila ratti e topi (su un totale di 830.453 animali da laboratorio). Quanto ai primati, ne sono stati utilizzati 502. Si usano sempre meno animali in laboratorio grazie alle nuove tecnologie che permettono di seguire con metodi non invasivi l'andamento di una malattia e l'efficacia delle terapie. (fonte: linkiesta.it)

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