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LAUREA SENZA VALORE LEGALE? INDAGINE IN SENATO

LAUREA SENZA VALORE LEGALE? INDAGINE IN SENATO
E' in corso in Commissione Istruzione al Senato una indagine conoscitiva sull'abolizione del valore legale del titolo di studio. La Commissione ha già sentito il Ministro Maria Stella Gelmini che ha invitato a ragionare in termini di "accreditamento". Ma per il Ministro non basta agire sulle norme universitarie, bisogna intervenire "anche sui regolamenti interni delle pubbliche amministrazioni e sui bandi di concorso". Domani sarà la volta del Ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta: la Commissione Istruzione del Senato lo ascolterà nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'abolizione del valore legale della laurea, una indagine "senza alcuna posizione precostituita in senso favorevole o contrario", sottolinea il Presidente Sen Guido Possa, ma finalizzata "ad approfondire i diversi profili connessi all'abolizione del valore legale del titolo di studio.

L'indagine conoscitiva, avviata a febbraio, sta entrando nel vivo ed ha già raccolto numerosi pareri, come quello del Ministro Maria Stella Gelmini.
Il Ministro dell'Istruzione e dell'Università ha fatto presente che "il valore legale delle lauree si fonda su una congerie di norme che si sono accumulate negli ultimi ottanta anni. Si tratta quindi di un problema complesso che la riforma universitaria ha voluto affrontare con pragmatismo e concretezza, segnando però in modo chiaro la strada da percorrere, che è quella di sostituire al valore legale il valore sostanziale, cioè l'accertamento del merito, in altre parole, l'accreditamento". Il sistema dell'accreditamento- ha spiegato il Ministro Gelmini "serve a garantire il valore scolastico, scientifico, delle lauree, lasciando poi al mercato del lavoro, sia pubblico che privato, il compito di decidere in piena libertà come regolare l'accesso alle professioni o ai posti d'impiego". Se si vuole gradualmente eliminare questa concrezione di norme che ha per molti aspetti appiattito il sistema universitario - ha concluso - "dobbiamo agire su più fronti, non solo su quello della normativa universitaria ma anche sui regolamenti interni delle pubbliche amministrazioni, sui bandi di concorso che esse emanano e sulle modalità con le quali svolgono i concorsi, sull'operato degli organismi professionali per l'accesso ai quali è previsto l'esame di Stato".

Se lo scopo è di migliorare la formazione innescando la competizione fra gli atenei, il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) è piuttosto a favore dell'accreditamento, se possibile europeo. "Una premessa indispensabile alla abolizione del valore legale del titolo di studio "è istituire un sistema terzo di accreditamento dei corsi e delle sedi", l'ideale sarebbe "che questo sistema di accreditamento agisse all'interno di un quadro europeo e l'Italia potrebbe diventare la promotrice di una certificazione europea dei corsi".

Decisamente a favore Confindustria, secondo la quale il valore legale oggi ha "poco senso" ed è un "ostacolo alla concorrenza". Decisamente contro, invece, le sigle sindacali (confederali e non) per le quali il valore legale ha una funzione di garanzia dello Stato sull'equità e sulla correttezza dei rapporti tra i cittadini, che individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'Università".

Contrari all'abolizione anche i rettori (CRUI), secondo i quali la completa rinuncia al valore legale "significherebbe affidare soltanto agli Ordini Professionali la responsabilità della selezione dei soggetti atti all'esercizio delle professioni regolate per legge", considerando "non opportuno lasciare la scelta completamente agli Ordini professionali, tendenzialmente portati a perpetuare il proprio potere a scapito della concorrenza".

La Fnomceo ha forti dubbi sul venir meno della certezza dal punto di vista giuridico del titolo conseguito: "l'abolizione del valore legale della laurea potrebbe realizzare un declino del sistema formativo nazionale e una eventuale totale liberalizzazione del sistema formativo in una materia delicata quale quella della salute tutelata dalla Costituzione potrebbe comportare il rischio di una prevalenza degli aspetti economici a discapito della salute dei cittadini".

La controproposta è semmai la riforma dell'esame di abilitazione: "la valutazione dovrebbe essere affidata a Commissioni prive di conflitto di interesse, in cui le Professioni, e non l'Università, valutano il risultato della formazione universitaria e rilasciano l'abilitazione".