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PUBBLICITA’ SANITARIA SU INTERNET: NON ESAGERARE

PUBBLICITA’ SANITARIA SU INTERNET: NON ESAGERARE
Attenzione a non esagerare con toni e immagini nella pubblicità professionale su Internet: si rischia di finire come il medico sospeso per tre mesi dall'Ordine e condannato dalla terza sezione civile della Cassazione con una ordinanza depositata il 26 maggio 2011. Con la Legge 175 non si scherza. E con l'Ordine si deve tenere un comportamento ispirato ai principi di correttezza e di lealtà.

Sospeso per tre mesi dall'Ordine dei medici per violazione delle norme sulla pubblicità sanitaria, condannato dalla Commissione Centrale Esercenti Professioni Sanitarie e ora anche dalla Cassazione Civile: il medico che si fa pubblicità su internet in modo sconveniente e con titoli che non possiede risponde di violazione e falsa applicazione della Legge 175/92.

Il sito autopromozionale mostrava "immagini non confacenti alla dignità della professione". Inoltre il medico in questione aveva assunto atteggiamenti nei confronti dell'Ordine un comportamento "non ispirato ai principi di correttezza e di lealtà"

Il lungo stop imposto all'incolpato si spiega anche con la "recidiva": si tratta di un camice bianco già "macchiato", cioè censurato in passato, e che non mostra un «atteggiamento collaborativo» con l'Ordine, cui adesso deve rifondere ben 3.200 euro. Tra le varie violazioni alla deontologia rilevate, il professionista usa toni magniloquenti svariando indifferentemente fra competenze e titoli di specializzazione, tanto da attirare l'attenzione dei carabinieri del nucleo anti-sofisticazione.

E i testi relativi alle branche di attività sono accompagnati da immagini ritenute dal giudice deontologico «non confacenti alla dignità della professione» (nel centro medico di famiglia, inoltre, una cartella clinica di un intervento non risulta in regola). Insomma: ce n'è d'avanzo per confermare il provvedimento disciplinare. Il ricorso per cassazione, va detto, è estinto per rinuncia ma il collegio ne verifica ugualmente la virtuale infondatezza per condannare il medico al pagamento delle spese del giudizio come parte soccombente.