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CONTRO LA RABBIA ALLEANZA FRA ASL E AREE PROTETTE

CONTRO LA RABBIA ALLEANZA  FRA ASL E AREE PROTETTE
Se la rabbia può diffondersi in un anno nell'arco di poche decine di chilometri, "bisogna alzare le antenne". Azienda sanitaria locale di Sondrio, Forestale, Parchi protetti e cacciatori pronti al monitoraggio attraverso la preziosa alleanza "di chi per lavoro o per svago presidia attivamente i luoghi dove è presente la fauna selvatica".

«Non si possono incrociare le dita - per usare un'espressione del direttore generale dell'Azienda sanitaria locale, Luigi Gianola - e sperare solo che in Vatellina non arrivi la rabbia silvestre, che ogni anno provoca 55mila morti in tutto il mondo. Bisogna essere preparati, la malattia è a soli 100 km dai nostri confini in Veneto, dove si sono verificati 284 casi dal 2008 ad oggi. E se la rabbia può diffondersi in un anno come è successo in Slovenia nell'arco di 60 km e addirittura di 46 km in Veneto, bisogna alzare le antenne, perché si tratta di una malattia che si trasmette da animale a uomo e non dà scampo. Si muore».

E' il messaggio lanciato dall'Azienda sanitaria, della polizia locale, della Forestale e molti cacciatori nei giorni scorsi, nella sede del Credito Valtellinese a Tirano, dove si è tenuto un convegno sull'evoluzione e le prospettive della rabbia silvestre.

Un primo passo necessario per affrontare un problema che in provincia di Sondrio ancora non esiste - sono 200 gli animali al 15 settembre 2010 consegnati all'Asl, tutti negativi alle analisi all'Izsler per la rabbia - ma che potrebbe presto arrivare. E non si può essere impreparati vista la gravità di questo virus che riporterebbe con la memoria agli ultimi casi dei primi anni Ottanta in Valtellina e Valchiavenna.
«Gli ultimi casi di "rabbia silvestre" nella volpe diagnosticati in provincia di Sondrio risalgono agli anni compresi tra il 1981 e il 1985 - ha spiegato Gianola - e da allora ad oggi il monitoraggio effettuato sulle volpi trovate morte ha consentito di considerare libero dalla rabbia il territorio provinciale.

L'attuale situazione dell'epidemia di rabbia che, originatasi in Slovenia, a partire dal 2008 ha interessato la regione Friuli Venezia Giulia e, nel 2009, la regione Veneto, nel corso del 2010 ha visto la sua diffusione anche in zona a noi limitrofe quali le province di Trento e Bolzano. Dunque non possiamo restare ad aspettare, è necessario avviare un efficace monitoraggio della "rabbia" anche attraverso la preziosa alleanza di chi per lavoro o per svago presidia attivamente i luoghi dove è presente la fauna selvatica».


Posizione condivisa dal presidente del Parco dello Stelvio Ferruccio Tomasi, per il quale è utile il coinvolgimento delle aree protette che possono avere ruolo nella tutela del territorio. «La rabbia silvestre ha vettori nella fauna selvatica e può creare problemi spiacevoli negli animali e nell'uomo - ha detto Tomasi -. Dal '97 Italia era considerata sicura, grazie alla vaccinazione delle volpi e al controllo degli animali morsicatori. La vicinanza della Slovenia poneva il rischio della diffusione del virus che si è verificata nel 2008. Dal canto nostro garantiamo di mantenere alto il livello di monitoraggio per ridurre l'impatto della possibile ricomparsa del fenomeno in provincia di Sondrio».

Un compito che devono condividere sia chi è addetto al controllo sia chi per passione è vicino alla fauna locale, come ha sottolineato il comandante del corpo Forestale provinciale di Sondrio, Andrea Turco.

«Il nostro quadro faunistico si sta arricchendo di nuovi ritorni, fra cui orso e lupo - ha aggiunto, invece, il direttore del Parco delle Orobie, Claudio La Ragione -, oggi ci troviamo ad affrontare il problema della rabbia. È un problema tecnico, di stato sanitario nel nostro territorio, ma è anche un problema che va gestito in termini di consenso delle popolazioni locali. Credo che sia importante che gli operatori sappiano gestire in anticipo la questione, dando dimostrazione di conoscere e saper garantire la sicurezza».