La salute allo Stato e la sanità alle Regioni. Era la ripartizione delle competenze in materia sanitaria contenuta nella riforma costituzionale bocciata alle urne al referendum di domenica e lunedì. Al Centro si assegnava il compito esclusivo di emanare norme generali a tutela della salute, mentre si devolvevano alle Regioni l’assistenza e l’organizzazione sanitaria. Sempre in base alla riforma, le professioni intellettuali sarebbero state sottratte alla legislazione concorrente ed esplicitamente assegnate allo Stato, mentre alle Regioni restavano le professioni non regolamentate. Un primo passo verso la soluzione delle conflittualità sulla materia professionale era stato compiuto dal Ministro agli Affari Regionali Enrico La Loggia che sotto il Governo-Berlusconi aveva emanato il decreto Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri. (GU n. 32 del 8-2-2006). Il no ha riguardato anche la previsione di attribuire, quale competenza legislativa esclusiva dello Stato, sicurezza e qualità alimentari. Alle Regioni invece sarebbe andata l’alimentazione.
La riforma prefigurava una serie di ripartizioni che, secondo i fautori del sì, avrebbe esplicitato le competenze statali separandole da quelle regionali in modo da evitare conflittualità istituzionali, ma che per i sostenitori del no sarebbe invece stata troppo sbilanciata a favore delle Regioni e nient’affatto chiara nella separazione delle attribuzioni. I cittadini hanno detto no.