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VETERINARIA, CORRIERE: TROPPE FACOLTA’

Quattordici facoltà di veterinaria sono troppe e 1500 nuovi veterinari all'anno non servono al mercato occupazionale ormai saturo. “Il risultato di questi numeri è che oggi un veterinario fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro e quando guadagna 1000 euro al mese si sente già arrivato. Tutto questo, a fronte di studi molto impegnativi, del tutto paragonabili a quelli di medicina umana e forse con qualche complicazione in più, un veterinario deve studiare fisiologia e patologia di tutti gli animali, dal pappagallo al vitello per finire al criceto”. Antonio Manfredi, Direttore dell’ANMVI, commenta così i dati pubblicati dal Corriere Lavoro sulla formazione universitaria nel settore veterinario. Venerdì scorso, la giornalista Mara Gualdoni curatrice dell’inchiesta condotta con Giuseppe Tesorio sugli sbocchi occupazionali in veterinaria e agraria, scriveva che in Italia “ sono tante (troppe?) le facoltà di veterinaria: 14 contro le 3-4 per nazione degli altri paesi europei. Inoltre, sono molto diversificate tra di loro; se ci sono atenei di eccellenza riconosciuti a livello europeo, come Torino e Bologna, per esempio in altri casi ci sono corsi di laurea che si svolgono in assenza di laboratori, di tirocini, oppure facoltà come a Udine che propongono solo corsi di specializzazione. Il risultato sono i numerosi laureati: ogni anno sono più di 1500, contro un’esigenza di rinnovamento per la quale ne basterebbero 200 circa. Un altro squilibrio deriva dal fatto che troppi si occupano di animali domestici tradizionali, i cani e i gatti da compagnia: abbiamo 6500 ambulatori dedicati a loro contro i 2000 per Francia e Regno Unito, dove comunque si possono anche vendere medicine e prodotti per animali". “ Il 76% degli studenti – prosegue Manfredi- si laurea fuori corso e deve prevedere almeno 10 anni di studio per avere qualche ulteriore specializzazione. Un’indagine di Nomisma fissa il fabbisogno di veterinari nel nostro Paese tra il 2002 e il 2020 a un 3% di nuovi laureati. Se proseguiamo come stiamo facendo, abbiamo un tasso di crescita del 110%”. Corriere Lavoro, mettendo in luce anche gli squilibri occupazionali, chiede su quali settori si debba puntare: “ In parte sul fronte degli animali esotici- risponde il Direttore dell'ANMVI- in crescita anche da noi: esperti che conoscano iguana, pappagalli, furetti, rettili possono pensare di trovare qualche sbocco. Poi veri professionisti di sicurezza alimentare. Il veterinario, contrariamente a un laureato in scienze alimentari, conosce anche la fisiologia dell’animale, segue tutta la filiera zootecnica, dal vitello, fino alla carne da supermercato. E in questo senso la sede dell’authority alimentare a Parma potrebbe essere una buona occasione”. Come si deve fare per essere sicuri di essere veterinari in futuro?, chiede infine la giornalista. La risposta è innanzitutto di “ non sovrapporre l’amore per gli animali con la professione del veterinario, sono due universi diversi”. (da Corriere Lavoro, supplemento del Corriere della Sera del 15 aprile 2005)