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IL TARIFFARIO? NON DEFINISCE L’ESCLUSIVA

Quali sono gli strumenti che consentono di affermare che una determinata prestazione può e deve essere effettuata esclusivamente da un professionista, e specificamente, da un veterinario? Sull’argomento la Corte di Cassazione afferma che “per potersi escludere che un atto tipico di una professione possa essere compiuto anche da un diverso professionista, è necessario che la legge riservi quell’atto espressamente solo a quel professionista che abbia quella determinata e specifica abilitazione a compiere l’attività in parola. In riferimento alla professione del veterinario, possiamo affermare che non disponiamo di una legge che espressamente determini quali sono le attività “riservate” a tale professione, con la conseguenza che la nostra attenzione deve spostarsi sul momento della abilitazione all’attività professionale, quale strumento di accertamento preventivo, nell’interesse della collettività e del potenziale cliente, che il professionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occorrenti per il corretto esercizio professionale.Il vero limite della professione è dunque costituito dalla configurazione di un atto come atto strettamente medico-veterinario; se su alcune prestazioni non possono esserci dubbi (interventi chirurgici, diagnosi ecc.), altre attività, invece, pur in mancanza di figure propriamente qualificabili come personale infermieristico, non si possono configurare come prestazioni riservate al veterinario. Il fatto che trovino corrispondenza nelle voci delle tariffe non vale a costituire una “riserva” in favore della professione veterinaria, perché il compito della tariffa professionale non è quello di definire le competenze dei singoli professionisti, ma soltanto quello di stabilire il compenso che i professionisti stessi possono chiedere per la loro attività. Avv Maria Teresa Semeraro , Consulente legale ANMVI (Il testo completo del parere sarà pubblicato sul n. 12/2005 di Professione Veterinaria)