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CATANZARO, UDIENZA IL 14 LUGLIO

Verrà discusso nel merito il 14 luglio prossimo il ricorso presentato dall’ANMVI al Tribunale Amministrativo del Lazio contro il Ministero dell’Università e nei confronti dell’Ateneo Magna Graecia di Catanzaro. I legali dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani hanno ottenuto di accelerare l’iter del ricorso, superando l’iniziale richiesta di “annullamento previa sospensione”, e di passare in tempi rapidi ad una discussione “nel merito” con la quale esporre ai giudici le ragioni dell’azione legale. Le ragioni dell’ANMVI sono chiaramente esposte nel testo del ricorso: il corso di laurea in medicina veterinaria attivato a Catanzaro risulta ”illegittimamente autorizzato con un decreto M.I.U.R., 3 settembre 2003”. Per attivare questo corso, il Ministero dell’Università è andato ”contro le previsioni, negative, tanto del C.N.V.S.U. – Comitato nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario quanto della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina veterinaria e del mercato occupazionale nel settore veterinario, le cui fisiologiche possibilità risultano da tempo abbondantemente superate”, ed è venuto meno alle sue stesse decisioni in merito ai posti assegnati ai corsi di laurea in veterinaria: quando il Miur ha fissato il numero di 1547 posti, “ ripartendolo come per legge tra le sedi dei corsi di laurea esistenti alla data di emanazione, non ha indicato tra le sedi del corso di laurea l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro. Il decreto impugnato è stato emanato, “ con un procedimento del tutto extra ordinem, senza istruttoria e senza alcun concerto con gli altri Ministeri competenti – in primis il Ministero della Salute . Nel decreto, inoltre, “non vi è traccia di alcuna valutazione operata “a livello nazionale”, né … della valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario….né ancora della valutazione all’uopo richiesta del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo . E’ evidente per l’ANMVI ”che il proliferare di corsi di laurea dequalificanti come quello impugnato costituisce un gravissimo rischio sia per le inesistenti prospettive di occupazione nell’ambito delle professioni veterinarie, sia per l’abbassamento del livello di professionalità dei medici veterinari italiani che esso può comportare, essendo peraltro impossibile in questo caso assicurare agli studenti standard formativi di qualità minimi”.