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EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Lo spreco alimentare e i medici veterinari

Lo spreco alimentare e i medici veterinari
Anche il consumo di cibo è un aspetto della vita sociale che non ci può lasciare indifferenti.

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Nel mondo industrializzato il problema legato al consumo di cibo viene talvolta affrontato con superficialità e distacco ma oggi sta pian piano emergendo la consapevolezza della gravità di questo spreco di fronte alla crisi economica ed alla popolazione mondiale in forte aumento. Per la società è scandaloso lo spreco di risorse fondamentali, prima fra tutte l'energia che si spreca per il processo produttivo ; nel secondo caso, in quanto l'aumento della popolazione sottonutrita o denutrita del tutto sta raggiungendo il secondo miliardo. 90 milioni di tonnellate di cibo buttato al macero ogni anno in Europa è una quantità che merita una riflessione profonda e la FAO dichiara che in tutto il mondo ben un terzo del cibo commercializzato viene sprecato mentre trattasi soprattutto di cibo di buona e buonissima qualità, che viaggia su circuiti di elevato tenore sociale, dalle famiglie agli alberghi ed ai supermercati. Ma cibo viene sprecato anche da agricoltori, industrie e dettaglianti, senza escludere i consumatori, spesso disattenti o che trascurano le più elementari norme di conservazione domestica. I politici se ne sono accorti e sempre di più stanno intervenendo: la Commissione europea ha in atto una politica serrata su questo tema ed in questi anni ha riservato numerose iniziative di sensibilizzazione.

Come ridurre lo spreco? Sempre la Commissione lancia un decalogo preventivo, che va dalla pianificazione della spesa alla verifica del frigorifero domestico, dalla spinta a congelare le rimanenze fino a spronare i produttori verso la preparazione di porzioni "intelligenti", con meno imballaggio ed un'oculata riduzione della dimensione singola.
Ma una misura tra le più efficaci è quella di una maggior attenzione alle scadenze. I sondaggi dicono che la scadenza è ancora considerata solo un elemento di valutazione qualitativa del prodotto e non uno strumento per modulare acquisti e consumi. A tale proposito basti osservare il consumatore di fronte ai corner dove vengono scontati i prodotti al limite di scadenza: indifferente o peggio schivo! Ora, con la crisi in atto, pare ci sia un'inversione di tendenza (le crisi, ahimè, hanno sempre qualche risvolto positivo!) ma è ancora tutto da dimostrare.

Vale la pena tornare quindi a battere il chiodo sulle date riportate sulle etichette. Come ormai molti sanno la scadenza viene espressa con due terminologie: preferibilmente entro ed entro una tal data. Sono due dichiarazioni molto differenti. La prima consente il riutilizzo del prodotto, la secondo no. Ove è riportata la dicitura "preferibilmente entro" sta a significare che l'alimento può ancora essere consumato, ad una precisa condizione: che la conservazione sia avvenuta correttamente, che la confezione sia integra e che le qualità organolettiche (odore, colore, sapore) non siano alterate. Questa dicitura appare su una grande quantità di prodotti alimentari. Tutti sono prodotti confezionati, molti sono inscatolati e sono da conservare refrigerati o al riparo da agenti atmosferici. Basta controllare la loro integrità e lo stato di conservazione e si possono tranquillamente consumare se non manifestano quei cambiamenti detti sopra. La perentoria data di scadenza "entro", invece, vieta il consumo dopo quel termine. Viene iscritta su prodotti altamente deperibili come il pesce fresco o le carni macinate, è allineata ad informazioni tassative per la conservazione in frigo ed invita alla raccomandazione di non interrompere per nessuna ragione la catena del freddo.

Il ruolo del medico veterinario ancora una volta si rivela fondamentale anche in questo campo e non soltanto sulla partita dei prodotti di origine animale. L'educazione alimentare, in qualsiasi sede essa viene svolta travalica i confini della categoria merceologica. In aggiunta, basilare diventa il suo ruolo, sia nella veste di controllore ufficiale che di consulente aziendale. Nel primo caso per quegli aspetti che ben conosciamo di ispettore o di funzionario di vigilanza sulla filiera; nel secondo quando è chiamato a stilare un corretto sistema di autocontrollo, nella logistica e nella supervisione di tutte le fasi produttive fino alla distribuzione. La sua competenza? Nessuno più di lui conosce le dinamiche di produzione e di trasformazione, frequentando tutte le fasi della filiera, dalla produzione di campo (il problema residui ne è un esempio) fino al controllo delle temperature in fase distributiva.

di Giancarlo Belluzzi, Vice Presidente ANMVI (Settore Sanità Pubblica)