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VENETO

BTV: l'epidemia 'più grave dal 2008' ma è scontro sulla vaccinazione

BTV: l'epidemia 'più grave dal 2008' ma è scontro sulla vaccinazione
La Regione finanzia solo gli ovicaprini. La movimentazione dei bovini "è completamente paralizzata". Il Sivemp Veneto punta il dito contro il riordino della Prevenzione.

«A un mese dalla conferma dei primi casi di Blue Tongue siamo ancora fermi al palo e il piano vaccinale non è più esteso a tutte le specie coinvolte, come previsto nella riunione di due settimane fa, ma è stato ristretto ai soli ovicaprini». E' quanto denuncia Confagricoltura Veneto, che con Cia, Anpa e Ava ha inviato una lettera al governatore Luca Zaia, al vicepresidente regionale Gianluca Forcolin, all'assessore all'Agricoltura Giuseppe Pan e all'assessore alla Sanità Luca Coletto per evidenziare le criticità che si stanno riscontrando nella gestione dell'epidemia.

La decisione della Regione di coprire i costi vaccinali solamente per gli ovicaprini, confermata venerdì scorso m un incontro tra i servizi veterinari della Regione e le associazioni agricole, è un'ulteriore batosta per allevamenti già stremati dalla crisi, dai prezzi in caduta e dagli effetti negativi del mercato. Per oltre 100 mila tra vacche da latte e nutrici il vaccino e i costi veterinari saranno, infatti, a carico degli allevatori. «Mutato lo scenario della Blue Tongue, con l'ampliamento delle zone interessate e la diffusione della malattia, registriamo un cambio di strategia della Regione, che non prevede più la vaccinazione dei capi di tutte le specie coinvolte - scrivono le associazioni - Premesso che non condividiamo questa impostazione, che anche a detta dei servizi veterinari regionali ci precluderà la possibilità di ridiventare Regione indenne, chiediamo che la Regione Veneto trovi le risorse per coprire i costi del vaccino e della prestazione sanitaria e che il tutto sia coordinato da un'unica entità, che garantisca l'efficacia dell'organizzazione, del controllo e della verifica delle azioni intraprese».

Attualmente le vaccinazioni sono partite solo in provincia di Belluno, su iniziativa delle Asl che hanno spinto per avere il via libera per i vaccini degli ovicaprini per far fronte all'emergenza. Nelle province di Treviso e Vicenza invece, è tutto fermo. " Al Sud - dichiara Curto- questa malattia esiste da vent'anni perché all'epoca dei primi casi mancò un piano vaccinale. Senza una campagna a tappeto, il rischio è questo. Nel 2008 avevamo avuto un altro caso nel Veronese, con un ceppo francese: in quel caso la colpa fu di un vitellone entrato dalla Francia, e l'epidemia venne bloccata sul nascere. Stavolta siamo in ritardo».

Le associazioni fanno presente che «anche la documentazione necessaria per la movimentazione degli animali all'interno delle aree di restrizione, considerato l'ampliamento delle zone interessate dall'epidemia, non dev'essere a carico degli allevatori». Le organizzazioni sottolineano infine l'importanza che la vaccinazione venga affidata ai servizi veterinari regionali e alle Asi, avvalendosi, eventualmente, della collaborazione dei veterinari liberi professionisti.

«Siamo assolutamente contrari al delegare a terzi la gestione di un problema che riguarda la salute pubblica - rimarca Fabio Curto, presidente della sezione lattiere casearia di Confagricoltura Veneto -, che finirebbe per alimentare un business a nostre spese. Chiediamo che ci si adoperi il più possibile per evitare aggravi a carico delle stalle, lavorando in stretta collaborazione con gli allevatori con l'obiettivo di tornare allo status di Regione indenne».

Il commento del SIVEMP Veneto- «I servizi veterinari regionali, nonostante le ormai croniche carenze negli organici, sottolineate dallo stesso ministero della Salute, sono in campo per applicare le misure di sorveglianza e di contrasto alla malattia, con controlli a campione su alcune migliaia di capi su allevamenti e greggi, che stanno interessando quasi tutte le province venete», precisano i veterinari.  In questo contesto, la Regione, dopo la soppressione, osteggiata dal Sivemp, della Sezione autonoma di veterinaria e sicurezza alimentare, confluita a luglio nella direzione Prevenzione, che è diretta da un medico, non ha ancora provveduto a fornire i vaccini necessari per intervenire dove gli animali muoiono. «Sono i veterinari a saper valutare i rischi dell’epidemia per cittadini e filiera agroalimentare», rimarcano dal sindacato. Solo nel Bellunese, dove le Asl hanno acquistato in proprio i vaccini, si sta procedendo con la profilassi.