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COMUNICAZIONE

Tubercolosi a scuola: lettera del medico e del veterinario

Tubercolosi a scuola: lettera del medico e del veterinario
"Non deve destare nessuna sorpresa il fatto che occasionalmente si verifichino nuovi casi di infezione tubercolare".

Il caso di tubercolosi verificatosi a Vallecrosia (Imperia) la scorsa settimana, all'interno della scuola elementare, ha suscitato forti reazioni da parte dei genitori e più in generale della popolazione.

Il medico Maurizio Vichi e il veterinario Enrico Ferrero hanno scritto una lettera pubblicata dalla stampa locale: "Le malattie infettive- scrivono- a parte alcune debellate con le vaccinazioni di massa (vaiolo) o di cui si prevede la totale scomparsa con la vaccinazione della popolazione pediatrica (morbillo), continuano a colpire con un'incidenza che varia da popolazione a popolazione a seconda delle condizioni di vita.
Non deve quindi destare nessuna sorpresa il fatto che occasionalmente si verifichino nuovi casi di infezione tubercolare, che ci sono sempre stati e continueranno ad esserci, anche se in Italia, grazie all'universalità del servizio sanitario, sono diminuiti negli ultimi decenni".

I medici sottolineano la necessità di "privilegiare per il futuro un approccio alle malattie di tipo preventivo" e fanno presente che "si dispone di farmaci adatti per affrontare situazioni inaspettate e che il progresso nella scienza medica produce sempre nuove strategie di cura e diagnosi. Basti pensare ad esempio all'evoluzione della più grave infezione del nostro tempo".
Alla maestra, finora unica vera vittima della malattia, Vichi e Ferrero augurano "una pronta guarigione e un rapido ritorno al suo posto di lavoro, così come alle famiglie dei bambini ci sentiamo di augurare un sereno ritorno alla normalità, soprattutto per quei bambini che saranno sottoposti alle necessarie terapie".

La lettera sviluppa anche una riflessione sulle reazioni, nelle società moderne, ogni volta che si manifesta un caso di malattia infettiva: "vengono riproposte reazioni e comportamenti tipici del passato. Il timore del contagio e della diffusione epidemica della malattia suscitano reazioni di paura ancestrali che si manifestano con la colpevolizzazione della fonte del contagio, la critica verso l'inefficienza del servizio sanitario pubblico, l'accusa di omertà dei responsabili che, di fronte a fatti conosciuti, tacerebbero per non creare allarmismo verso un pericolo ritenuto imminente e quindi reale".