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PUBBLICITA' SANITARIA

In vigore il divieto di sconti, offerte e promozioni

In vigore il divieto di sconti, offerte e promozioni
E' in vigore il decreto "Salva Infrazioni" che vieta la pubblicità sanitaria "decettiva". Il professionisti sanitari non possono pubblicizzarsi con "offerte, sconti e promozioni". Per sanare le obiezioni della Commissione Europea, il Governo ha modificato le disposizioni nazionali, introducendo un divieto: no a formule che possono impropriamente indurre a trattamenti sanitari, in forza del carattere attrattivo delle offerte promozionali.

E' iniziato in Senato l'iter di conversione in legge del decreto Salva Infrazioni. Questo il titolo breve del decreto legge "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano", pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 14 giugno. Il Parlamento ha sessanta giorni di tempo per convertirlo definitivamente in legge, con o senza emendamenti.

Cosa viene vietato - Con l'entrata in vigore dell'articolo 6 del decreto legge, gli esercenti le professioni sanitarie non possono pubblicizzarsi con "offerte, sconti e promozioni". Si legge nella relazione tecnica del Governo al Parlamento che "il divieto viene limitato ai casi in cui la comunicazione commerciale abbia ad oggetto sconti o promozioni che possano determinare il ricorso improprio a trattamenti sanitari per carattere attrattivo e suggestivo". Il divieto si applica agli iscritti agli Ordini delle professioni sanitarie e alle strutture sanitarie di qualsiasi forma giuridica.

Perchè una modifica normativa- La modifica è finalizzata a superare le criticità evidenziate dalla Commissione Europea (Caso NIF 2020/4008) che ha ravvisato un contrasto tra il comma 525 della Legge di Bilancio 2018 con i principi europei della libera concorrenza e della libera prestazione di servizi.
L'intento del Governo è di evitare di raggiungere l'utente con informazioni “decettive”, ossia ingannevoli. L'utente che richiede una prestazione sanitaria non è un consumatore qualsiasi, bensì "un soggetto certamente in asimmetria informativa e di norma in una naturale situazione di debolezza e di necessità". Nel dossier inviato al Parlamento il divieto è motivato con il "rispetto della libera e consapevole determinazione dell’assistito, della dignità della persona e del principio di appropriatezza delle prestazioni sanitarie". Inoltre, la modifica viene presentata come allineata alla Corte di Giustizia Europea secondo la quale la legislazione nazionale può disciplinare la pubblicità sanitaria: sarebbe incompatibile con i trattati europei una normativa che vietasse “in modo generale e assoluto” ogni tipo di pubblicità relativa a prestazioni di cura.

Cosa non è vietato- Resta fermo che il professionista sanitario può fare "comunicazioni informative" circa i propri servizi, purchè siano "funzionali a garantire il diritto ad una corretta informazione sanitaria". Le comunicazioni informative possono contenere "unicamente" le informazioni previste dalla cd Legge Bersani:
- il prezzo e i costi delle prestazioni, con trasparenza e veridicita' di messaggio, allo scopo di permettere la comparazione delle prestazioni offerte sul mercato;
- i titoli e le specializzazioni professionali;
- le caratteristiche del servizio offerto, senza alcun elemento di carattere attrattivo e suggestivo
Inoltre, in relazione alla libera concorrenza  (D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137) è ammessa "con ogni mezzo" la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni. La pubblicità informativa non deve essere in contrasto con l'obbligo del segreto professionale né equivoca, ingannevole o denigratoria.

Il ruolo dell'Ordine- Resta in capo all'Ordine professionale la verifica del rispetto dei principi di trasparenza e veridicità della comunicazione informativa del professionista o delle società iscritte (Stp) o della struttura sanitaria. Spetta infatti agli Ordini  territoriali, anche su segnalazione delle rispettive Federazioni:
- procedere in via disciplinare
- segnalare tali violazioni all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza.

Differenze con la norma previgente
- In base al testo precedentemente in vigore  risultava esclusa la possibilità di fornire qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, a prescindere dal fatto che la relativa comunicazione potesse o meno determinare ricorsi impropri a trattamenti sanitari; inoltre, il testo specificava che le comunicazioni ammesse erano quelle funzionali a garantire la “sicurezza dei trattamenti sanitari”. Ora invece, si attribuisce a queste comunicazioni la funzione di garanzia del “diritto ad una corretta informazione sanitaria”, ferme restando le tipologie di informazioni consentite.

Articolo 6.  (Disposizioni in materia di pubblicità nel settore sanitario. Caso NIF 2020/4008) - 1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, il comma 525 è sostituito dal seguente:
« 525. Le comunicazioni informative da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie di cui al capo II della legge 11 gennaio 2018, n. 3, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività, comprese le società di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 4 agosto 2017, n. 124, possono contenere unicamente le informazioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, funzionali a garantire il diritto ad una corretta informazione sanitaria, restando escluso, nel rispetto della libera e consapevole determinazione dell'assistito, della dignità della persona e del principio di appropriatezza delle prestazioni sanitarie, qualsiasi elemento di carattere attrattivo e suggestivo, tra cui comunicazioni contenenti offerte, sconti e promozioni, che possano determinare il ricorso improprio a trattamenti sanitari. ».

Decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69
(testo in vigore)