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CANE UCCISO AL PARCO: NO AL DANNO MORALE

CANE UCCISO AL PARCO: NO AL DANNO MORALE
Il danno non patrimoniale può essere riconosciuto solo in caso di violazione di un diritto costituzionalmente protetto. Seguendo l'orientamento unitario della Cassazione, il Giudice di merito non ha riconosciuto il danno morale per la morte del cane. "Non sussiste un'ingiustizia costituzionalmente qualificata". Nemmeno se il cane svolgeva "pet therapy". L'animale, un volpino, era stato mortalmente aggredito da due maremmani. Seguendo un orientamento delle Sezioni unite civili, il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino) ha negato, il risarcimento del danno morale ed esistenziale a una signora che si era vista uccidere al parco il suo cagnolino, un volpino, da due maremmani. La sentenza è del 12 gennaio 2011.

Per il Giudice di merito, il risarcimento non trova fondamento nel vigente ordinamento costituzionale, come già evidenziato dalle Sezioni Unite della Cassazione. In sostanza, il danno non patrimoniale (morale, esistenziale, biologico) può essere riconosciuto solo in caso di violazione di un diritto costituzionalmente protetto.

Sul punto si legge nella sentenza che "in tale prospettiva la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell'art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e, quindi, ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest'ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio conseguenzialmente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave (che superi cioè la soglia minima di tollerabilità, imposto dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi a fastidi o sia addirittura immaginario)". Ciò precisato, il Giudice ritiene "che, nella specie, non sussista un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, tanto che la perdita da animale d'affezione è stata proprio indicata in maniera esemplificativa, dalle Sezioni Unite".

Non sono stati giudicati suscettibili di "alterare il modo di esistere delle persone", le motivazioni addotte dalla proprietaria che si è limitata a dedurre di aver utilizzato il proprio cane nell'ambito di una pet therapy (con ciò lasciando sottintendere la sussistenza di un rapporto non solo affettivo ma anche terapeutico con la propria bestiola), senza tuttavia corroborare in alcun modo sul versante probatorio il proprio assunto".

 

Allegati
pdf IL TESTO DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE.pdf