• Utenti 11
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 31295

MINACCE A BUIATRA, CONDANNATO VETERINARIO ASL

MINACCE A BUIATRA, CONDANNATO VETERINARIO ASL
"Non ti faccio più lavorare in zona se solo ti azzardi a raccontare quello che hai visto" e "farò di tutto per ostacolare la macellazione del bestiame che arriva dagli allevamenti dei tuoi clienti". Condannato per reato penale di minaccia un veterinario ASL che, intervenuto in stalla per un parto distocico, minacciava il veterinario libero professionista "simulando di impugnare una pistola e di puntargliela contro". Il Tribunale di (...) ha condannato un medico veterinario dipendente dalla ASL per aver il reato penale di minaccia (articolo 612 c.p.) nei confronti di un collega libero professionista. "I capi d'imputazione sono connotati da un tenore dettagliato ed esaurientemente analitico" - fa notare il Tribunale- "tale da delineare in maniera già sufficiente la condotta contestata".

Il veterinario ufficiale era imputato "perché con diverse frasi minacciose quali "non ti faccio più lavorare in zona se solo ti azzardi a raccontare quello che hai visto" e "nei mattatoi dove andrò a lavorare come dipendente ASL farò di tutto per ostacolare la macellazione del bestiame che arriva dagli allevamenti dei tuoi clienti" - e nel contempo minacciandolo simulando di impugnare una pistola e di puntargliela contro - minacciava (...) al fine di costringerlo a non raccontare di averlo sorpreso ad esercitare privatamente, dietro compenso, l'attività veterinaria in quando dipendente del servizio Asl".

I fatti risalgono al 2006, la sentenza è del settembre 2010. In stalla, una bovina è sul punto di partorire, ma si presentano alcune difficoltà, "tanto che si rese necessario l'intervento urgente di un veterinario". Che l'allevatore prontamente chiama, ma quando il buiatra arriva in loco, "vi trovò già all'opera (...) imputato, medico veterinario dipendente della locale ASL", a sua volta chiamato dall'allevatore "evidentemente spazientito per la prolungata attesa" (dieci minuti secondo il buiatra, quaranta secondo l'allevatore).

Il buiatra vedendo l'animale assistito se ne va, ma "poi si risentì profondamente del fatto che quegli esercitasse anche privatamente la professione di veterinario nonostante prestasse già la propria opera alle dipendenze della ASL e, contattatolo telefonicamente per intervento di un amico comune "gli manifestò il proprio disappunto, fondato sul convincimento che un intervento privatistico da parte dei veterinari dipendenti della ASL fosse illegittimo. La telefonata si concluse "con un veloce alterco". Ma il giorno dopo il veterinario ufficiale si presenta nello studio del libero professionista e atteso che non vi fossero più clienti in sala d'aspetto "iniziò una veemente contumelia". Assiste ai fatti, "un teste estraneo alla contesa in buoni rapporti personali con entrambi i protagonisti", autore di una "doviziosa e coerente deposizione", che il Tribunale tiene in considerazione.

"Non v'è dubbio"- si legge nella sentenza- che l'eloquio tenuto dal veterinario ufficiale "sia stato percorso da venature che appaiono, con luminosa evidenza, radicalmente minacciose; che la prospettazione della carica pubblica rivestita, della posizione in qualche modo apicale ricoperta fosse pienamente idonea ad ingenerare timore e turbamento nel destinatario, che la chiara minaccia di morte, accompagnata da un gesto inequivocabilmente evocativo di intenzioni lesive, rivestisse un pacifico contenuto minatorio". Ma non si è trattato di violenza privata e anche la minaccia di impedire la macellazione delle bestie non poteva realmente essere messa in pratica (gli animali non sono riconoscibili come riferibili al tal veterinario, anche se, riporta il Tribunale, la consuetudine di rapporto tra veterinari rende possibile l'individuazione e quindi, "soprattutto in ristretto ambiente rurale", la possibilità di procurare "pessima fama al collega" sussiste).

In ultima analisi, sentito il teste, il tutto "verteva sostanzialmente sulla legittimità o meno dell'intervento d'urgenza" espletato dal veterinario ufficiale. L'imputato si è appellato per questo al Codice deontologico (vigente all'epoca dei fatti, ndr), "laddove all'articolo 11 è previsto in capo al veterinario l'obbligo di prestare assistenza agli animali, al verificarsi di condizioni di urgenza, senza che sia riscontrabile alcuna differenziazione tra il libero professionista ed il dipendente della ASL". Per questo secondo il Tribunale la condotta "non è censurabile"

Il tribunale ha riconosciuto la responsabilità penale dell'imputato in ordine al reato penale di minaccia ("esclusivamente verbale") e inflitto 30 euro di multa (con riconoscimento delle attenuanti generiche "per la natura davvero minimale della vicenda e lo stato di incensuratezza del prevenuto") e sancita la condanna generica al risarcimento danni (rimettendone la quantificazione ad altra sede giudiziaria) e al pagamento delle spese processuali (750 euro).