Un caso probabile di malattia di Creutzfeldt-Jakob è stato diagnosticato in Italia. Il Ministero: non servono nuovi provvedimenti. Coldiretti invita a non alzare i toni: nel primo semestre del 2009 c'è già stato un calo del 2,8% nei consumi.
Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ed il
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali giudicano le
attuali misure normative e di gestione vigenti in Italia idonee a
garantire la sicurezza degli allevamenti italiani e non ritengono
quindi opportuno dover assumere nuove misure precauzionali.
Dopo il caso probabile di malattia di Creutzfeldt-Jakob variante diagnosticato in Italia il 22 ottobre (si tratterebbe del secondo caso riscontrato in Italia dopo il primo di diversi anni fa) le autorità sanitarie e di Governo intervengono a precisare che si ritiene sia legato ad un'infezione occorsa prima dell'introduzione del divieto di utilizzo delle farine di carne per l'alimentazione dei bovini (dicembre 2000). La diagnosi è definita 'probabile' perché la certezza si può avere solo post-mortem, con l'esame autoptico del cervello.
Per Coldiretti si tratta di una "eredità del lontano passato, che non ha nulla a che fare con il consumo della carne italiana. Un consumo che è del tutto sicuro grazie ad un rigido sistema di controlli introdotto con successo nel 2001 per far fronte al''emergenza Bse. La Bse, o malattia della mucca pazza, "è praticamente scomparsa da anni dagli allevamenti italiani per l'efficacia delle misure adottate per far fronte all'emergenza, come - sottolinea la Coldiretti - il monitoraggio di tutti gli animali macellati sopra i 30 mesi, il divieto dell'uso delle farine animali nell'alimentazione del bestiame e l'eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare.
Ma anche e soprattutto l'introduzione a partire dal 1 gennaio 2002 di un sistema obbligatorio di etichettatura che consente di conoscere l'origine della carne acquistata con riferimento agli Stati di nascita, di ingrasso, di macellazione e di sezionamento, nonché un codice di identificazione che rappresenta una vera e propria carta d'identità del bestiame e consente di fare acquisti 'made in Italy'". Occorre evitare che "inutili allarmismi si riflettano sui consumi di carne bovina - prosegue la nota - i cui acquisti familiari nel primo semestre del 2009 hanno già fatto registrare un calo del
2,8% in valore rispetto al 2008, con consumi che sono di circa 23 chili per famiglia acquirente, per un importo di 3,5 miliardi di euro l'anno".