"Fra due o tre anni si arriverà ad un vaccino che integrerà l'armamentario terapeutico che abbiamo a disposizione". Lo ha dichiarato Luigi Gradoni (ISS) ad un convegno sulla Leismaniosi a cui ha partecipato anche l'Anmvi. "Anche se non si tratterà di un vaccino efficace al 100%". Melosi: "rivolgersi con fiducia al proprio medico veterinario".
Boxer, Dobermann e tutti i cani a pelo corto, specialmente se abituati a dormire all'aperto, sono i cani più a rischio di contrarre la leishmaniosi, malattia parassitaria trasmessa dai pappataci nella stagione calda. "Fra due o tre anni, però, sono certo che si arriverà a disporre di un vaccino che integrerà l'armamentario terapeutico che abbiamo a disposizione per combatterla".
Lo ha evidenziato ieri a Roma Luigi Gradoni, dirigente di ricerca del reparto di Malattie trasmesse da vettori e Sanità internazionale del dipartimento di Malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell'Istituto superiore di sanità (Iss), partecipando a un incontro sul tema organizzato da Schering-Plough, al quale ha partecipato per l'Anmvi il Vice Presidente Marco Melosi.
"Come Iss - ha spiegato all'Adnkronos Salute l'esperto - stiamo collaborando con almeno cinque diverse aziende farmaceutiche private per lo sviluppo e la valutazione di vaccini contro la leishmania. C'è un grande interesse da parte dell'industria nei confronti di questo argomento, data l'enorme passione degli italiani per i 'quattrozampe'. Confido che nel giro di due, tre, al massimo quattro anni i prodotti in questione raggiungeranno il mercato. Anche se non si tratterà di un vaccino efficace al 100%, sarà sicuramente utile per la lotta integrata alla malattia".
L'arma più efficace anche in questo campo è la prevenzione, a partire dalla protezione dell'animale che vive con noi. "Troppo spesso però - ha evidenziato Marco Melosi, vicepresidente dell'Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) - ci si trova di fronte a casi in cui i proprietari si affidano a metodi 'fai-da-te' che, il più delle volte, sono inefficaci. L'uso di collari antipulci o di presìdi non specifici, poi, non è in grado di garantire al cane un'adeguata protezione, specie nelle zone in cui la diffusione dell'agente patogeno è più ampia, come le località costiere nelle stagioni più calde. A questo proposito, come rappresentante della categoria, invito tutti i proprietari a rivolgersi con fiducia al veterinario, per poter attuare un'efficace e sicura prevenzione nei confronti di questa infestazione che sta assumendo in Italia un'importanza sempre maggiore".