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348 C.P., E’ REATO ANCHE L’ABUSO OCCASIONALE

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E’ andata così fra un privato e un falso professionista che, sulla base di questi presupposti, hanno ritenuto di non incorrere nel reato penale di esercizio abusivo di una professione. Ma la Cassazione non la pensa così: “Ai fini della configurabilità del delitto di esercizio abusivo di una professione, non è necessario il compimento di una serie di atti, ma è sufficiente il compimento di un’unica ed isolata prestazione riservata ad una professione per la quale sia richiesta una speciale abilitazione, mentre non rileva la mancanza di scopo di lucro nell’autore o l’eventuale consenso del destinatario diretto della prestazione, in quanto l’interesse leso, essendo di carattere pubblico è indisponibile”. La Cassazione si è espressa in questi termini nella sentenza 42790 depositata il 20 novembre, affermando che l’esercizio abusivo si configura anche quando venga commesso una sola volta, anche se la prestazione viene data gratuitamente e anche se il destinatario dell’atto tipico era al corrente di trovarsi di fronte ad un non abilitato. E ancora: “Ai fini della configurabilità del reato di esercizio abusivo di una professione è irrilevante l’eventuale scopo di lucro e, in genere, qualsiasi movente di carattere privato; sicchè la consapevole mancanza di titolo abilitativo all’esercizio della professione integra il dolo generico richiesto per la sussistenza del reato, ancorchè l’abusiva prestazione professionale sia stata del tutto gratuita e con il concorrente consenso del destinatario di tale prestazione”. Questo perchè “titolare dell’interesse protetto dalla norma penale è solo lo Stato” e dunque “l’eventuale consenso del privato è del tutto irrilevante”.